Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Domenico Zeno, ha disposto il giudizio immediato nei confronti di Nicola Pilato, dei suoi figli Savino e Gabriele e di Marianna Balducci, moglie di Nicola Manzi, l’uomo ucciso la sera del 16 dicembre dello scorso anno a Corato. Il giudizio immediato è stato applicato dal Gip che ha ritenute le prove raccolte dagli inquirenti già gravi, evidenti e sufficienti a sostenere l’accusa in tribunale, consentendo così di saltare l’udienza preliminare e avviare direttamente il processo.
I quattro imputati sono accusati, a vario titolo, di omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. Secondo gli inquirenti, il delitto sarebbe maturato nell’ambito di contrasti familiari mai sopiti, culminati quella sera in una lite tra i fratelli Manzi e Nicola Pilato, loro cognato. La ricostruzione degli investigatori indica che, nel corso della discussione, sarebbe comparsa un’arma da fuoco. Marianna Balducci avrebbe raccolto la pistola caduta a terra, mentre i componenti della famiglia Pilato avrebbero esploso diversi colpi, fino all’intervento che portò al loro disarmo.
Fu una serata drammatica quella del 16 dicembre, quando via Nicola Salvi, alla periferia di Corato, divenne teatro della sparatoria che coinvolse Nicola e Michele Manzi. Nicola, 55 anni, cadde sotto i colpi, mentre Michele, 52, rimase gravemente ferito alle gambe. I due si trovavano nei pressi dell’abitazione di Nicola insieme alla moglie quando, secondo le ricostruzioni fatte dagli inquirenti, la lite, alimentata da tensioni familiari degenerò all’improvviso. Le testimonianze raccolte dalle forze dell’ordine parlarono di momenti concitati, urla e aggressioni verbali che precedettero gli spari. Nel caos seguito alla discussione, l’arma venne impugnata e partirono numerosi colpi e la presenza di passanti e residenti rese la scena ancora più drammatica. Diverse persone assistettero alla sparatoria. All’arrivo dei sanitari del 118, per Nicola Manzi non ci fu nulla da fare. Michele, invece, venne soccorso e trasportato d’urgenza all’ospedale di Andria, dove fu sottoposto alle prime cure. Le sue condizioni, inizialmente critiche, sono poi migliorate nel tempo.
Le tensioni tra le due famiglie, secondo quanto riferito dagli investigatori, covavano da tempo e quella sera esplosero in modo irreparabile. La dinamica degli spari, il recupero dei bossoli e le dichiarazioni dei presenti permisero di delineare un quadro preciso che ha portato, oggi, alla decisione del giudice di disporre il giudizio immediato. La sparatoria del 16 dicembre rappresentò per molti cittadini la presa di coscienza che la città stava vivendo un’escalation di violenza e che la sicurezza era diventata uno dei problemi principali. Una consapevolezza che, nei mesi successivi, si è consolidata alla luce di ulteriori episodi criminali, fino a far diventare Corato la seconda città più pericolosa della Puglia, subito dopo Cerignola.
Un quadro allarmante che ha portato il prefetto di Bari, Francesco Russo, su richiesta del sindaco Corrado De Benedittis, a decretare per Corato una «zona rossa», con misure rafforzate di controllo del territorio ma solo nel centro storico, una soluzione che però portò allo spostamento della microcriminalità in periferia. Il provvedimento straordinario, terminato lo scorso 6 novembre, parte proprio da quel 16 dicembre, che segnò un punto di svolta nella storia recente della città.
















