«La legalità si difende insieme». È questo il messaggio emerso con forza nel corso della celebrazione dei primi dieci anni di attività del presidio di Trani di Libera, con una ricca serie di incontri e manifestazioni. L’evento ha coinvolto in particolare gli studenti del Liceo De Sanctis, presso la cui sede decentrata di via Mucci si è tenuto il primo di una serie di incontri e dibattiti.
«L’ATTACCO AL CONTROLLO DI LEGALITÀ»
Il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani, Giovanni Lucio Vaira, rivolgendosi agli studenti ha evidenziato l’importanza della partecipazione collettiva nella lotta alla criminalità organizzata. «Il mafioso può avere anche la pistola, ma di fronte a mille persone che gli vanno contro, cosa può fare, ucciderli tutti? Si può uccidere uno, quello sì, ma se dietro ce ne sono mille... È questo il senso di Libera».
Il magistrato ha poi denunciato l’attacco in atto al concetto stesso di controllo di legalità. «Nel silenzio quasi generale è stato abolito il reato di abuso d’ufficio» spiegando come «atti come la nomina di personale non qualificato nelle scuole o nei concorsi pubblici, fino alla mancata demolizione di costruzioni abusive oggi non sono più un reato».
Vaira ha poi criticato aspramente le recenti riforme che prevedono l’interrogatorio preventivo prima di un arresto, specialmente per reati come l’estorsione o lo spaccio ed evidenziando il rischio per l’incolumità dei testimoni. Similmente, ha espresso preoccupazione per la limitazione delle intercettazioni a soli quarantacinque giorni. Il magistrato ha invitato gli studenti a informarsi da fonti autorevoli e a scendere in piazza per protestare. Ha infine esortato a non vedere le vittime come eroi distanti, «ma persone comuni che hanno trovato di fronte la cosa storta e hanno detto no, pagando il prezzo di un dovere civico che, se fosse stato condiviso da tutti, avrebbe evitato tragedie».
«DENUNCIARE, NON CERCARE L’AMICO COLLUSO»
Felice Gemiti, presidente dell’Associazione antiracket di Andria, ha portato la sua esperienza personale, descrivendo un agguato subito in strada da parte di due persone armate. E ha evidenziato l’errore comune che lui stesso aveva fatto prima della denuncia: «Quando avevamo un problema, non andavamo in Questura, ma cercavamo di trovare il nostro amico nel loro ambiente colluso e chiedevamo aiuto a lui».
L’imprenditore ha quindi invitato i ragazzi a non commettere lo stesso errore: «Se accadesse a voi, denunciate e non cercate l’amico. L’avere denunciato ha cambiato la mia vita, portandomi ad investire maggiormente sul territorio e dedicarmi all’associazionismo a fianco di don Riccardo Agresti. Fate la scelta giusta anche voi: legalità è il senso civico di vivere tutti insieme».
«LA MAFIA DALLA VIOLENZA ALL’INFILTRAZIONE»
Francesco Giannella, procuratore aggiunto della Dda di Bari, ha espresso «gratitudine per il contatto con gli studenti e le associazioni» e sulle riforme, ha confermato che «l’attuale tendenza a ridimensionare la magistratura e cambiare gli equilibri istituzionali è frutto di un progetto che rischia di danneggiare i cittadini, non i magistrati».
«La criminalità - ha successivamente spiegato - sta progressivamente abbandonando l’aspetto militare e violento per orientarsi verso l’infiltrazione, confondendosi con il tessuto sociale, economico e amministrativo. E la mafia che si infiltra è pericolosissima, poiché i danni che può causare a un’economia inquinata sono strutturali».
«SERGIO, FRA STATO E DIGNITÀ»
La mattinata si è chiusa con Tiziana Palazzo, vedova di Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1985: «Sergio credeva nel senso dello Stato, ma soprattutto nella dignità delle persone, anche di chi aveva sbagliato. Parlava con i detenuti, li ascoltava, cercava di restituire loro un futuro. È morto per coerenza, per aver fatto semplicemente il proprio dovere».