BISCEGLIE - «Quattro anni fa il legislatore ha dettato una serie di disposizioni con le quali ha reso le pene molto più gravi in caso di lesioni nei confronti di un operatore sanitario e ha introdotto, per molte ipotesi di reato, la procedibilità di ufficio quindi non occorre la querela dell’operatore sanitario».
Lo ha detto il capo della Procura di Trani, Renato Nitti, a margine del convegno organizzato a Bisceglie, nel nord Barese, sulla prevenzione degli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari. Per Nitti, «il Covid ha acuito il problema tanto che il legislatore ha dato una accelerata alla legge che era in gestazione proprio durante la pandemia».
Un preoccupante incremento delle aggressioni contro gli operatori sanitari, fatte di violenze psicologiche, verbali o fisiche. Un fenomeno che ha portata generale: se l’Organizzazione mondiale della Sanità stima che un operatore sanitario su due, nel corso della propria carriera, sia stato vittima di violenza, in Puglia nel 2023 il 42% degli operatori è stato oggetto di qualche forma di violenza sul luogo di lavoro.
I dati sono emersi emergono da un’indagine esplorativa condotta dal Sirgisl (il Sistema tegionale di gestione integrata della sicurezza sul lavoro delle Asl) coordinato dal dottor Danny Sivo con il supporto della scuola di specializzazione di Medicina del Lavoro dell’Università di Bari, diretta dal professor Luigi Vimercati. I numeri sono stati diffusi ieri nel convegno organizzato dalla Asl Bat a Bisceglie. Allo studio hanno partecipato tutte le 10 aziende sanitarie e i distretti della Puglia. Un campione rappresentativo di 3.140 dipendenti del sistema sanitario: medici, infermieri ed operatori ai quali è stato chiesto di rispondere ad un questionario in forma anonima.
Le categorie maggiormente interessate dal fenomeno sono state quelle dei medici (34,7%), degli infermieri (32,9%) e dei farmacisti ospedalieri (31,9%). Sebbene la maggior parte degli episodi di violenza riferiti siano stati di natura verbale (87%), si guarda con attenzione anche alla percentuale degli episodi di violenza fisica (12%) e di molestie sessuali (3%) registrati nell’ultimo anno. Oltre il 90% degli episodi di violenza hanno avuto luogo all’interno delle strutture ospedaliere. Il rischio di aggressione è risultato superiore in occasione del turno notturno (35,1%). I dati dicono anche che non c’è un territorio più a rischio, vista la sostanziale omogeneità degli episodi di violenza tra le varie Asl pugliesi.
«Tutti i dati precedenti sulle violenze - ha spiegato Sivo - erano ampiamente sottostimati. La stragrande maggioranza degli operatori sanitari non denunciava, magari per non ritrovarsi impelagata in un processo giudiziario. Il questionario, invece, ha dato dei risultati importanti che ci danno la fotografia di una situazione preoccupante. Una parte di questi episodi sono evitabili perché attengono alla cattiva comunicazione tra utenza e operatori, quindi bisogna investire molto di più sull’accoglienza. Non sempre una guardia giurata armata, che pure costa tanti soldi, è la risposta giusta in termini di sicurezza. Così come c’è bisogno di psicologi per fronteggiare situazioni di grande disagio personale che possono portare a reazioni inconsulte da parte dell’utenza. Se i Pronto soccorso diventano più confortevoli, piuttosto che un “parcheggio” in attesa di un ricovero, le cose non potranno che migliorare. La soluzione non può essere solo repressiva, ma bisogna puntare molto di più sulla prevenzione».
Alzare i livelli di sicurezza nei presidi sanitari, dunque, non può bastare. «Chi aggredisce un operatore sanitario viene punito in maniera molto pesante - ha avvertito il procuratore di Trani, Renato Nitti -, ma può essere punito anche chi non abbia organizzato la struttura sanitaria in modo tale da prevenire l’aggressione secondo le raccomandazioni che il Ministero ha diffuso già da 15 anni. Chi aggredisce deve essere sicuramente punito perché non avrà mai ragione, ma non avrà ragione nemmeno chi non ha pensato a prevenire il problema. Poche denunce da parte degli operatori? Non so se per sfiducia nei tempi della giustizia, penso invece che non si denunci per non infierire su un soggetto che ha già la sua vulnerabilità».
Al convegno sono intervenuti, tra gli altri, il governatore Michele Emiliano, il presidente dell’Ordine dei medici di Bari e della Fnomceo, Filippo Anelli, il direttore della Scuola di medicina di Bari, Alessandro dell’Erba, il presidente della sezione Lavoro del Tribunale di Trani, Angela Arbore, e numerosi direttori generali e sanitari delle Asl pugliesi. «La Puglia - ha ricordato Anelli - ha pagato un prezzo pesante, con due medici morti a seguito di aggressioni sul posto di lavoro». Anelli e Dell’Erba hanno ricordato le iniziative congiunte tra Ordine e Università sulla formazione dei medici, ma hanno anche messo in guardia contro le semplificazioni che identificano nel «numero chiuso» il problema della Medicina. «La ricognizione effettuata - ha concluso Sivo - non resterà fine a se stessa. Abbiamo predisposto delle linee di indirizzo sulla sicurezza che puntano sulla formazione, e che spero possano essere recepite dal sistema sanitario pugliese». La Regione, attraverso il dirigente del Dipartimento salute Onofrio Mongelli, ha annunciato che le linee guida saranno adottate a breve con una delibera di giunta.