BARLETTA - La “inaccettabile superficialità” con la quale Giovanni Paparella ha trascurato di adempiere ai doveri di controllo. Superficialità, ancora, definita disarmante nel caso del geometra Vincenzo Zagaria. Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni con le quali i giudici della Corte di Cassazione hanno rigettato i ricorsi di due imputati condannati al termine del processo sul crollo della palazzina di Barletta avvenuto in via Roma il 3 ottobre 2011. Paparella – nelle vesti di progettista e direttore dei lavori – è stato condannato a tre anni e 11 mesi di reclusione, mentre Zagaria a tre anni e sette mesi.
La difesa di Zagaria aveva fondato uno dei motivi di impugnazione sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Sostenendo che la mancata sospensione dei lavori di demolizione– alla luce della loro pericolosità – sia stata determinata dal fatto che lo stesso aveva fatto affidamento sul parere di altri soggetti, cui lo stesso era sottoposto, dotati di maggiore esperienza nel campo dell’edilizia.
«Nessun rilievo – scrivono i giudici di piazza Cavour – ha il fatto che la Corte pugliese non abbia tenuto conto del fatto che lo Zagaria potesse aver fatto affidamento sulle pretese rassicurazioni che ab alienis gli erano state fatte in ordine all’edificio poi crollato; infatti non solo non vi sono delle evidenze espresse in ordine a tali dichiarate rassicurazioni, tali non potendo ritenersi la semplice omissione di una messa in guardia sulle possibili conseguenze della demolizione, posto che tale attività di controllo sull’altrui operato era proprio quella che era doveroso attendersi dallo Zagaria, ma si osserva altresì che nel momento in cui l’attuale ricorrente ha assunto il compito di Coordinatore della sicurezza agli si è anche assunto un onere di diligenza cui non può ora sottrarsi, accampando una qualche sua inesperienza professionale».
Per quanto riguarda la posizione di Paparella, gli ermellini scrivono che la «inaccettabile superficialità con la quale, pur consapevole dell’utilizzo di strumenti di demolizione diversi da quelli da lui raccomandati, ha trascurato di adempiere ai doveri di controllo connessi alla carica da lui rivestita e di esercitare i poteri, anche inibitori, che la medesima avrebbe consentito, esclude la illegittimità della sentenza impugnata e con la quale è stato rilevato che lo stesso – anche a differenza di coloro i quali si sono proposti al cospetto della Giustizia quali meri, ancorchè improvvidi e spregiudicati esecutori delle opere – possa godere di un trattamento sanzionatorio più mite di quello originariamente previsto per lui dalla Corte di Bari».
E ancora: «Tramite la segnalazione della gravità delle inadempienze del Paparella agli obblighi connessi alla sua qualità di direttore dei lavori, la Corte pugliese ha inteso chiarire come siffatta caratteristica della condotta del ricorrente, data la sua macroscopica divergenza dalle regole della prudenza e della perizia tecnica, non avrebbe potuto giustificare alcune riduzione di pena».