TRANI - Dopo 67 anni Trani perde il Museo delle carrozze di Palazzo Telesio. Infatti, nelle prossime ore, i 29 veicoli che lo costituivano saranno trasferiti progressivamente al Castello di Copertino, dove rimarranno in esposizione per trent’anni a seguito di un contratto di comodato siglato tra Maurizio Telesio di Toritto (che ne rappresenta la proprietà) e la Direzione regionale dei musei. In forza di tale accordo la titolarità delle carrozze resta in seno alla famiglia Telesio, mentre l’ente pubblico potrà favorirne la fruizione, assicurandone la costante manutenzione, arricchendo così le proposte del maniero salentino di un’altra pregevole offerta.
Le 29 carrozze costituiscono la parte preponderante della collezione privata della famiglia Telesio, poiché ve ne sono altre tre che resteranno nell’androne del palazzo di loro proprietà in via San Giorgio, nei pressi della reception del Marè resort.
La collezione era presente a Trani dal 1956 per volontà dapprima di Vincenzo e poi di suo figlio Bernardino. Si tratta di carrozze, tutte di epoca ottocentesca, dei più vari modelli: di famiglia e non; da mattina; da sera; da dama; da caccia. Inoltre, divise di cocchieri e finimenti per cavalli. «L’importanza di questa collezione - come si legge nella scheda presente sul sito del Ministero della cultura - sta a dimostrare l’abilità artigianale dell’epoca e racconta la storia dei fasti signorili con autenticità e stili». Ma facciamo un po’ di ordine per comprendere come si sia arrivati a questa decisione.
La notizia è spuntata senza che alcuno annunciasse alcunché. È bastata una normalissima ordinanza del comandante e dirigente della Polizia locale per apprendere che un’impresa di trasporti avvierà a partire da oggi, martedì 18 luglio, le operazioni di carico di 29 carrozze d’epoca dal locale a piano terra di via San Giorgio 7 su autocarri con motrice e, pertanto, necessita dell’autorizzazione all’ingresso ed al transito lungo un’area completamente pedonale. Le operazioni dovrebbero proseguire fino al prossimo 11 agosto, con interruzione durante la festa patronale dal 27 al 31 luglio, in orari compresi fra le 7 e le 17.
Il sindaco, Amedeo Bottaro, consultato dal cronista in merito a tale circostanza, ha confermato che «in effetti le 29 carrozze sono proprio quelle del museo di Palazzo Telesio. Lasciano Trani perché purtroppo - ammette il primo cittadino - non siamo stati in grado di trovare una soluzione per mantenerle sul nostro territorio. Il Comune non ha spazi idonei all’uopo e abbiamo tentato in tutti i modi, ma invano, di richiederne l’ospitalità al Polo museale della Puglia perché le carrozze fossero accolte nel Castello svevo di Trani».
Bottaro non manca di fare autocritica, ammettendo che «probabilmente avremmo dovuto stare più sul pezzo ed in tal senso mi assumo la mia parte di responsabilità, ma purtroppo, avendo a che fare con tantissime urgenze che spuntano da ogni dove, quella del Museo delle carrozze purtroppo non è stata ritenuta una priorità e ci dispiace che adesso vada via da Trani. Peraltro, non rimaniamo completamente sprovvisti di testimonianze dell’epoca, giacché per fortuna abbiamo anche la collezione Dell’Erba, che certamente a Trani resterà sempre».
La collezione del Museo delle carrozze di Trani rappresenta davvero un pezzo di storia della città. Ma il problema è che quei locali sono chiusi al pubblico da 31 anni, ed esattamente dal 1992, anno in cui Bernardino Telesio di Toritto cessò di assicurarne apertura e fruizione, che avvenivano gratuitamente senza dei veri e propri orari di accesso, ma con grande disponibilità e passione ereditate dal padre Vincenzo.
La famiglia Telesio di Toritto mise su quel museo con cura e amore, le stesse con cui accoglievano soprattutto scolaresche e ragazzi perché era giusto che i piccoli, in particolare, potessero sgranare gli occhi davanti a quelle realizzazioni così pregevoli. Tant’è che oggi, la maggior parte di coloro che ci sono stati, ricordano di esserci entrati proprio quando erano scolari o studenti.
I 30 anni di chiusura costituiscono, di fatto, un vuoto generazionale che fa sì che, di quel museo, i ragazzi di oggi non sappiano nulla perché le scuole neanche li ci portano. Maurizio Telesio di Toritto, figlio di Bernardino, ha provato in tutti i modi anche lui a riaprire il museo, ma si è dovuto fermare di fronte alle spese esorbitanti che, con le nuove normative, si rendevano necessarie per adeguare i locali.
Nasceva così la necessità di portare la collezione in un altro luogo della città, così che la famiglia Telesio avviò una lunga, complicata e purtroppo vana trattativa per il suo trasferimento al Castello svevo, che dal primo momento appariva come la sede più degna per dare continuità al museo. Furono dieci, lunghi anni di interlocuzioni e speranze, ma nulla da fare: locali non idonei.
Tramontata quella ipotesi, iniziarono i contatti con l’amministrazione in carica. «Altri quattro anni - spiega Maurizio Telesio di Toritto - durante i quali abbiamo chiesto almeno un rimessaggio temporaneo delle carrozze, nell’attesa che il Comune trovasse una soluzione. Purtroppo non abbiamo avuto risposta né sul rimessaggio, né sulla soluzione e così, a nostro malincuore, abbiamo dovuto valutare strade alternative: per fortuna ci si è aperta quella del Castello di Copertino, dove finalmente il nostro museo riprenderà vita. È doloroso lasciare Trani, ma ci consola il fatto che almeno questa collezione tornerà ad essere visitata, fruita e vissuta».
Infatti, il più recente slogan coniato della Direzione nazionale dei musei - «Fuori l’arte» - è stato quello che sta permettendo al Castello di Trani di ospitare per tre anni la collezione della Regina Margherita, che era chiusa in alcune stanze del Palazzo reale di Napoli. In questo caso, però il «fuori l’arte» pare proprio un addio, perché si tratta di un museo che lascia la città non per tre anni, ma 30 dopo che per altri 30 non è stato visitabile, ma almeno della città era ancora una parte.
Impossibile, peraltro, non prendere atto di una realtà tanto ovvia quanto drammaticamente spietata: il museo doveva vivere, e la proprietà ha legittimamente scelto il meglio per i suoi gioielli di famiglia. Peccato però che altri, a Trani, non abbiano valutato come una priorità la necessità di farli rivivere nella stessa città in cui erano sempre stati.