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Ombre sulle mascherine anti covid: indagini su un'azienda di Barletta

 
Linda Cappello

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Linda Cappello

Ombre sulle mascherine anti covid: indagini su un'azienda di Barletta

Si indaga sui finanziamenti concessi da Invitalia. Contestato il reato di malversazione

Lunedì 15 Maggio 2023, 14:13

BARLETTA - Doveva produrre milioni di dispositivi individuali di protezione durante l’emergenza Covid. Ma a causa della difficoltà nel reperire le materie prime non è riuscito a garantire le forniture entro il termine previsto dal contratto. E così un’azienda barlettana leader in Europa nella produzione di abbigliamento professionale e calzature di sicurezza è finita sotto inchiesta con l’accusa di malversazione ai danni dello Stato.

La vicenda, particolarmente delicata, è all’attenzione del pubblico ministero Roberta Moramarco. L’impresa, che fino ad ora non ha ricevuto nessun atto ufficiale da parte della procura – ha appreso dell’esistenza del procedimento a suo carico dalla lettera con la quale Invitalia - Agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell'Economia - gli comunicava la revoca del finanziamento di circa 800mila euro a causa di un’anomalia riscontrata dopo un controllo da parte della Guardia di Finanza. Chiedendo contestualmente la restituzione delle somme.

La vicenda ha il suo esordio nel 2020, quanto l’allora commissario per l’emergenza Domenico Arcuri si rivolge ad un imprenditore barlettano, commissionandogli un’importante fornitura di dispositivi di protezione individuale: mascherine Ffp2 ed Ffp3, camici e calzari.

Si parla di milioni di pezzi. Per poter assicurare la fornitura, l’azienda percepisce un grosso finanziamento da Invitalia, necessario per acquistare macchinari e materie prime. Accade però che nel mese di ottobre la ditta si rende conto di non riuscire a far fronte agli impegni presi: tanto perché il materiale per le mascherine Ffp2 ed Ffp3 deve essere reperito in Cina e non è più disponibile. Queste le circostanze che hanno rappresentato l’incipit dell’inchiesta.

La Finanza, in particolare, contesta la veridicità di due autocertificazioni: nella prima viene affermato di aver concluso, il 15 ottobre 2020, il programma degli investimenti, e poi di aver messo in funzione tutti gli impianti e i macchinari acquistati.

La difesa, affidata all’avvocato Raffaele Dibello, sostiene però che l’imprenditore non abbia conseguito alcun illecito profitto. Tanto perché, dopo la comunicazione della impossibilità di portare a compimento il ciclo produttivo – documento agli atti delle indagine – la stessa Invitalia ha ridotto il finanziamento erogato – divenuto poi di 800mila euro - chiedendo all’imprenditore di limitare la produzione esclusivamente alle mascherine chirurgiche.

Ma c’è di più. L’imprenditore ha chiarito che sarebbe stata una funzionaria addetta alla valutazione del progetto a suggerire telefonicamente all’imprenditore di dare atto della variazione del piano di investimenti solo nella relazione conclusiva. Tanto «per non incorrere in un blocco dell’iter valutativo». Fra l’altro risulta anche che l’indagato sia stato costretto a chiedere un ulteriore prestito alle banche, per rientrare nei costi di produzione, visto che poi i prezzi delle mascherine chirurgiche sono precipitati.

Le argomentazioni difensive, riassunte in un’articolata memoria, sono ora al vaglio del pubblico ministero procedente che dovrà decidere se disporre ulteriori approfondimenti oppure avanzare richiesta di archiviazione.

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