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«Io prete social, così evangelizzo i ragazzi»: parla Don Alberto Ravagnani, ospite al TedxBarletta

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«Io prete social, così evangelizzo i ragazzi»: parla Don Alberto Ravagnani, ospite al TedxBarletta

«Il problema per i giovani di oggi sono gli adulti, che non fanno gli adulti, ma gli adolescenti»

Venerdì 02 Luglio 2021, 09:52

È il prete più seguito sui social in Italia, da quando dopo il lockdown ha cominciato un percorso di evangelizzazione sul web per rimanere più vicino ai ragazzi dell’oratorio in cui vive: don Alberto Ravagnani, classe ‘93, di Busto Arsizio (Varese), il prossimo 3 luglio sarà sul palco della terza edizione del TEDxBarletta per parlare di Vita Nova, partendo dall’omaggio a Dante e arrivando al percorso di ripartenza e rinascita del mondo dopo il periodo di pandemia.

Di cosa parlerà nei dieci minuti a disposizione sul palco del Castello?

«Affronterò il tema della felicità, di come abbia a che fare con rapporti e relazioni, perché non si può vivere da soli, c'è bisogno di condivisione e apertura sull'altro. La cosa che si avvicina di più alla felicità è un'esperienza che tutti abbiamo vissuto, quella della nascita. La consideriamo un'utopia nel momento in cui ci abbiamo associato determinate idee, invece la possiamo sperimentare tutti i giorni»

«La tua vita e la mia» è il suo primo libro, edito da Rizzoli. Com'è stata l'esperienza letteraria?

«Interessante, da piccolo volevo fare lo scrittore, ho avuto l'occasione di fare sintesi della mia vera storia, ambientata nell'oratorio con ragazzi che conosco, a cui ho regalato il libro e che l'hanno apprezzato molto, si sono ritrovati».

Lei è anche insegnante: il percorso scolastico dei ragazzi in quest'anno di pandemia è stato duro. Li considera eroi?

«Sono stati messi nelle condizioni di tirar fuori un certo eroismo, qualcuno ce l'ha fatta, qualcuno no. Bisogna rendere merito a un sistema che nessuno mai aveva sperimentato, ma i valori non vanno ricercati nella pagella, il Covid non è colpevole per i brutti voti, né bisogna gonfiarli per questo. L'impatto è stato più grande, una perdita in termini di rapporti, relazioni, in anni di piena crescita. Va messo in conto».

Lei è molto giovane: che giudizio dà alla sua generazione?

«Ogni nuova generazione parte con caratteristiche migliori di quella precedente. Il problema dei giovani di oggi secondo me sono gli adulti, perché vogliono fare gli adolescenti, e ai giovani mancano i riferimenti di una volta».

Com'è iniziato il suo percorso social, esploso durante il lockdown?

«Sono partito con Facebook, durante il seminario ho cominciato a usarlo in maniera regolare, condividevo un commento quotidiano al Vangelo del giorno. Pregavo, scrivevo una breve riflessione e la pubblicavo, era un mio esercizio personale. Instagram l'ho aperto per star dietro ai ragazzi dell'oratorio, sono entrato un po' nel loro mondo e linguaggio, forse anche il mio stile di predicazione è un po' cambiato, ma devo tanto a questa esperienza, soprattutto a quello che non si vede sullo schermo».

Come fa a spiegare che andare in chiesa non è da «sfigati»?

«Quando mi dicono che frequentare ambienti parrocchiali o oratori è da sfigati, rispondo che molto spesso è così, quando le persone pensano che credere non serva, non dia qualcosa in più. Il mio sforzo è buttare giù questo stereotipo, far vedere che con la fede si vive meglio».

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