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Rita Schena
01 Marzo 2019
foto Matulli
TRANI - Dieci centimetri di puro argento vivo. Efe è uno scricciolo di tartaruga marina trovata spiaggiata a sud di Bari nei giorni della mareggiata che ha portato il mercantile turco, Efe Murat (ed ecco il perché del nome) ad incagliarsi lungo i frangiflutti della spiaggia cittadina, e consegnata a Pasquale Salvemini responsabile del Centro recupero tartarughe marine Wwf di Molfetta.
«Efe sta bene, mangia e nuota - sottolinea Salvemini - dimostra di voler ritornare al più presto in mare libero, cosa che faremo entro questo fine settimana da Bisceglie, appena le condizioni meteo saranno favorevoli».
E se Efe tornerà libera, in tante, troppe, stanno trovando la morte in questo braccio di Adriatico e in modo orribile: decapitate. La denuncia viene sempre da Salvemini che in pochi mesi ne ha trovate ben sei orribilmente mutilate. La cosa non è passata inosservata tanto che la Gazzetta se ne è occupata già una decina di giorni fa, sollevando un polverone, tanto che alcuni hanno provato a minimizzare, escludendo la modalità volontaria.
«E due giorni fa ecco un’altra carcassa mutilata – racconta addolorato Salvemini – trovata a Matinelle a sud di Trani. Non è solo una fatalità. Certo, ci capita di trovare carcasse in decomposizione, ma con tutto il corpo in decomposizione, non con solo la testa mancante».
Le tartarughe specie in questo periodo restano impigliate nelle reti dei pescatori, ce ne sono alcuni più sensibili che allertano il centro recupero, altri che scelgono di ucciderle, come a volersi “disfare” di un problema.
«C'era giunta voce che c'erano alcuni pescatori del nord Barese che uccidevano le tartarughe marine che trovavano impigliate nelle loro reti. L'indiscrezione ci è arrivata dal mondo stesso della pesca, perché le imbarcazioni comunicano tra loro attraverso la radio e alcuni amici avevano raccolto queste macabre dichiarazioni – racconta Salvemini -. Ma non ci volevo credere, specie perché la motivazione è ancora più sconvolgente: sembra che alcuni pensino che porta male trovare una tartaruga tra le reti, che portino con sé la sfortuna di pescare poco nei giorni a venire. Ecco allora che come forma “sacrificale” o per vendicarsi le decapitano».
Le reti rischiano di rompersi se si impiglia un grosso animale potente come una tartaruga marina, anche se poi ad avere la peggio è sempre l’animale, che si ferisce e non riesce a liberarsi, così alcuni pescatori pensano di poter tagliare il problema alla radice, in senso letterale. Dimenticando che le «caretta caretta» sono animali a rischio estinzione. Super protette dalla legge, tanto che chi si macchia di uno scempio del genere commette un reato.
«Questi sono mesi “caldi” per le tartarughe – spiega Salvemini – sono costantemente chiamato da nord a sud lungo la costa adriatica. I pescatori operano con le loro reti tra le 6 e le 10 miglia, dove nuotano le tartarughe, ecco che è facile che finiscano nelle reti. Fa freddo e le caretta caretta tendono ad avvicinarsi alla costa per trovare acque più tiepide. E questo è loro fatale». Creature fragili, messe a rischio dalla presenza umana e dall'inquinamento.
«La stragrande maggioranza delle tartarughe nei nostri mari muoiono perché incappano nelle reti da pesca – sottolinea Salvemini -. Nel Barese la pesca è una attività molto intensa, troppo, per non danneggiare l'habitat delle tartarughe marine. Le reti hanno maglie molto strette e loro restano intrappolate, senza la possibilità di riaffiorare per respirare. Le troviamo morte soffocate, annegate, oppure colpite da embolia. Capita quando sono aggrovigliate alle reti che vengano troppo velocemente tirate a bordo dei pescherecci. Come per i sub che riemergono troppo velocemente, anche le tartarughe marine possono avere gli emboli che le uccidono. Ci sono pescatori che collaborano con noi, che hanno cura di fare le cose per bene, altri no. Ma siamo rimasti sconvolti da queste decapitazioni, mai vista una cosa simile. Abbiamo bisogno di capire chi sono i responsabili e fermarli. Chi sa qualcosa, parli».
E per togliersi ogni scrupolo sono stati allertati anche gli organismi di controllo delle coste in Montenegro e Albania.
«Sono convinto che la mattanza sia purtroppo nostra responsabilità, ma è meglio che il problema sia monitorato anche dall’altra parte dell’Adriatico. Abbiamo trovato carcasse dai tagli troppo freschi per far pensare ad un crimine perpetrato lontano da qui. In ogni caso si deve far fronte comune».
Efe intanto nuota tranquilla nella bacinella. Lei non lo sa, ma è in buone mani. Tra qualche giorno tornerà libera e dovrà lottare per la sua sopravvivenza. E’ la natura, certo, ma l’uomo e la sua cattiveria rende tutto più difficile.
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