Al primo piano della palazzina con i mattoni rossi di contrada Vignachiesa è un via vai continuo. Maria accoglie tutti con il sorriso. E’ una casa linda. In un angolo, le poltroncine e il tavolinetto con le bambole. Racconta e si commuove. La sera del 10 agosto, quando l’hanno vista camminare nella processione dietro i santi patroni san Felice e san Policarpo, è stata festa. In paese, la ricordano ancora bloccata sulla sedia a rotelle spinta dal marito. Vederla sicura sulle sue gambe è stata una liberazione per tutti.
Dice una sua amica: «E’ come se fossimo rinati anche noi insieme a lei». La Sla (sclerosi laterale amiotrofica) è una malattia degenerativa molto subdola di cui si sa ancora troppo poco. Sono stati i medici delle Molinette di Torino a diagnosticarla. Lei, madre di quattro figli, ha voluto sapere tutto. La sua religiosità, profonda e matura, l’avrebbe aiutata nella rielaborazione della sofferenza. Sapere comportava organizzare diversamente la sua vita quotidiana.
I medici hanno spiegato a lei e al marito cosa sarebbe successo con la progressione della malattia e come sarebbe cambiata l’esistenza della signora. Per prima cosa, lei ha cominciato a battersi per un ascensore. La famiglia abita in una palazzina delle case popolari, al primo piano. Solo con l’ascensore avrebbe potuto mantenere una sua autonomia anche se relativa. Diversamente sarebbe rimasta murata a casa, sulla sua sedia a rotelle, oppure sempre dipendente dal marito. L’ascensore è stato installato solo qualche mese fa.
Negli ultimi tempi le visite di controllo, che all’inizio erano ogni anno, erano diventate più ricorrenti. La malattia, anche se lentamente, minava il corpo di Maria. Il suo esordio era stato ai nervi delle gambe, poi si era estesa al bacino, infine alle braccia. Maria aveva difficoltà a parlare e a deglutire. Ora, invece, cammina, parla in modo corretto e spedito e deglutisce.
Cosa accadrà? Ieri pomeriggio, nella casa di Maria, c’era anche il medico di famiglia, Giuseppe La Rocca. «Ho informato gli specialisti delle Molinette. Anche loro sono sorpresi. Per ora continuiamo la terapia concordata, poi quando la visiterà il primario sapremo come comportarci». Maria ha fiducia della scienza, ma soprattutto crede nello spirito. Racconta: «Sono andata a Lourdes anche per pregare per una coppia di amici che hanno una bambina ammalata di Sla. Ho detto: “Dio mio, io ho quattro figli, li ho visti crescere, li ho accuditi, li ho visti gioire e piangere. I miei amici invece hanno una sola figlioletta, Signore aiutala”».
Il marito è una guardia carceraria in pensione. Ha conosciuto la moglie a Torino. I genitori di lei venivano dalla Calabria, gente un po’ chiusa. Dice Maria: «Ha dovuto chiedere ai miei il permesso di sposarmi». Diciannove anni a Torino, poi il ritorno a Francavilla grazie al trasferimento del marito alle carceri di Taranto. Da allora una vita intensa, in parrocchia e tra le famiglie del paese.
«Facciamo parte del movimento dei Testimoni del Risorto - dicono -. della famiglia salesiana». I cardini del movimento sono l’ottimismo e la speranza, «aiuti potenti», informa un documento, «di cui il Signore si serve per lenire sofferenze e per ridonare libertà». Maria parla di queste cose in modo semplice. Non c’è ombra di fanatismo nelle sue parole. Dice di ammirare Chiara Lubich, fondatrice dei Focolarini. «Aspettiamo che i medici ci dicano come stanno le cose», osserva.
Nel frattempo, la signora ha molto da fare. L’altro ieri sono venuti i parenti di Biella. Lei è andata al supermercato, poi al panettiere. Ha incontrato e salutato decine di persone. «Fa bene sentire la comunità solidale». La domenica, a messa, era la cocca dei vecchi. Tutti la salutavano. «C’erano quelli che curvi e appoggiati al bastone si avvicinavano per salutarmi e incoraggiarmi. Adesso tocca a me andarli a trovare uno per uno».
Sta facendo rumore la storia di Maria. Il paese, prima incredulo, poi sempre più solidale tifa per il miracolo. Francavilla in Sinni è un paesino di 4mila abitanti nella parte più periferica della Basilicata. Nei mesi scorsi ci sono stati alcuni casi di suicidio tra i giovani che hanno prostrato la comunità. Solo la squadra di calcio fa scaldare gli entusiasmi. La vicenda di Maria rincuora e incoraggia. Il parroco, don Franco Lacanna, e il vescovo Francesco Nolè sono cauti e però, conoscendo bene Maria, parlano di evento straordinario. La signora Maria è una bella persona di 50 anni. Umile e ricca d’interiorità. Il suo volto s’illumina. Lei conosce il suo percorso.
TONIO TONDO
















