BARI - Vincenzo Divella, imprenditore, amministratore delegato dell’omonima, celebre, industria alimentare pugliese, nota in tutto il mondo, è preoccupato dai dazi annunciati dal presidente Usa Donald Trump nei confronti dell’Ue e, in particolare, dell’Italia?
«Io sono leggermente preoccupato, perché in fondo l’aumento leggero del dazio, malgrado quello che si dice, a mio avviso, è stata una conquista dell’Europa».
Per quale ragione?
«Perché nessuno riesce a capire che l’Europa non è uno stato, come sono l’America oppure la Cina. Noi siamo un’Europa molto debole, per cui, non avendo la possibilità di trattare da forte, ci dobbiamo accontentare del dazio al 15% che è il minore dei mali. Del resto abbiamo capito che Trump parte con il 30, il 40, il 50% solo per trovare poi accordi che comunque hanno un ritorno eccezionale per l’America, non tanto forse per i consumatori».
Quindi il 15% non è un dazio particolarmente preoccupante?
«La pasta Made in Italy, all’estero, è molto ben tenuta. Ci sono paste come quella cipriota o turca che sono fatte di grani duri e teneri che costano il 30-40% in meno, ma noi pastai italiani comunque vendiamo dappertutto. Io, personalmente, come Divella ho il 35/40% di pasta in esportazione in tutto il mondo, servo 120 Paesi diversi e quindi l’esportazione è importante. Per quanto riguarda il 15% in più, noi abbiamo già un accordo con gli importatori americani, grazie al quale abbiamo diviso quel 15%: una parte noi, una parte loro. Per adesso andiamo avanti così e poi vediamo. Non sono gravi perdite di redditività. Ma c’è qualcosa che invece mi preoccupa di più».
Di che cosa si tratta?
«Da qualche giorno, quando mi sveglio, la prima cosa che controllo è il dollaro, che sta scendendo».
E questo che cosa significa?
«Noi non vendiamo in dollari solo in America, noi vendiamo in dollari in tutto il mondo, tranne che in Europa. Nel mondo va circa il 50% di tutta la merce esportata dall’Italia, mia e dei miei colleghi. Quello è un dazio enorme. Devo dire che, per chi importa grano dall’estero, ogni volta risparmiamo nel prezzo. Quindi le cose si compensano. Un po’ ti metti d’accordo per il dazio, un po’ migliori la tua redditività nell’importazione, le cose non dico che vadano a pareggio, ma non è che ci toglie il sonno. Non so fino a quando durerà».
Perché?
«È vero che l’economia americana va bene, perché il dazio prima era 5, poi è aumentato, è chiaro che nelle casse americane entrino tanti milioni di dollari. Però a un certo punto, tutto quello che si importa, e l’America importa tantissimo, costerà di più».
E quindi potrebbe esserci una reazione dei consumatori americani?
«Bisogna chiedersi fino a quando i consumatori americani accetteranno tutto questo. Io credo che sia necessario aspettare qualche mese per vedere se si realizzerà quello che penso io ovvero che ci sarà una rivolta perché costerà tutto di più. Vediamo se questa situazione danneggia e fa arrivare un minimo di inflazione».
Da imprenditore, cosa dice ai consumatori italiani e, in particolare, pugliesi? Hanno motivo di preoccuparsi?
«Ma no, io dico loro di non preoccuparsi».
Perché non devono preoccuparsi?
«Perché il resto della pasta che noi produciamo la vendiamo in Italia e in Italia non ci sono problemi legati ai dazi. I problemi sono altri ovvero quanto costa la materia prima oppure quanto costa la produzione. Io non vedo, né nel breve né nel lungo periodo, un aumento del prodotto pasta. Possiamo dire loro di stare tranquilli».