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Neonato morto a Bari, culla «senza regole». Nessun protocollo per il dispositivo. E il parroco fa scena muta dai pm

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Neonato morto a Bari, culla «senza regole». Nessun protocollo per il dispositivo. E il parroco fa scena muta dai pm

Don Antonio Ruccia ha scelto di non parlare. L’elettricista: «Ho riparato il guasto, ma non ero sotto contratto per la manutenzione»

Sabato 11 Gennaio 2025, 09:44

BARI - Non esisterebbe un disciplinare, né un protocollo, che regolamenti sulla gestione delle «culle per la vita», le cullette termiche come quella affidata alla parrocchia di San Giovanni Battista nel quartiere Poggiofranco dove la mattina del 2 gennaio è stato trovato un neonato morto, molto probabilmente per ipotermia perché il dispositivo non si sarebbe attivato.

L’indagine della Procura di Bari, delegata alla Squadra mobile, si sta muovendo dal primo momento su binari diversi e paralleli per individuare le possibili responsabilità. Da un lato le cause della morte del bambino, dall’altro il possibile malfunzionamento della culla termica, quindi l’identificazione di coloro che, a vario titolo e con vari compiti, sarebbero coinvolti nella vicenda.

Nel fascicolo, coordinato dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis con la pm Angela Maria Morea, si ipotizzano al momento i reati di abbandono di minore seguito da morte (a carico di ignoti perché la mamma è sconosciuta) e di omicidio colposo nei confronti del parroco della chiesa che ha in custodia la culla, don Antonio Ruccia, e dell’elettricista Vincenzo Nanocchio, il tecnico che ha eseguito l’ultimo intervento sul dispositivo dopo la segnalazione di un malfunzionamento qualche giorno prima della morte del bambino.

L’autopsia è già stata eseguita e, in attesa dell’esito degli esami istologici, ha già rivelato come probabile causa della morte l’ipotermia: il bambino cioè sarebbe morto di freddo, lasciato per ore, almeno per una notte intera, all’interno della culla. La Procura non ha ancora concesso il nulla osta alla sepoltura della piccola salma, tuttora senza un nome, perché potrebbe disporre ulteriori accertamenti medico legali. Il bambino, della età stimata di due-tre settimane di vita, sarebbe stato inoltre sottopeso, forse denutrito e disidratato, ma comunque evidentemente vivo quando è stato abbandonato nella saletta adiacente alla parrocchia.

Di qui il sospetto che la culletta non abbia funzionato. La mamma, o chi per lei, potrebbe aver deciso di lasciare il proprio bambino lì pensando di salvarlo, e invece l’incubatrice sarebbe rimasta spenta, fredda, l’allarme collegato al telefono del parroco non sarebbe scattato e ore dopo, forse addirittura giorni, il piccolo sarebbe morto lì, di fame e di freddo.

Per accertare tutto questo la Procura ha conferito l’incarico per una seconda consulenza, questa volta sulla culla, al professore di Ingegneria elettrica del Politecnico di Bari Saverio Mascolo e al perito Luigi De Vecchis. Anche gli indagati hanno nominato due ingegneri come propri consulenti. Il primo sopralluogo si terrà lunedì alle 12. Compito delle verifiche tecniche sarà spiegare il funzionamento del sistema, di quante e quali parti è composto; verificare se abbia funzionato e in caso contrario, perché; se vi siano altri sistemi per la salvaguardia del bambino, come la videosorveglianza e un impianto di climatizzazione della stanza, quindi comprendere se questi altri sistemi abbiano funzionato; infine verificare il funzionamento dell’alimentazione elettrica.

Agli aspetti scientifici e tecnici, si intrecciano poi quelli sulla gestione dell’impianto. Le domande alle quali la Procura sta cercando risposte riguardano le responsabilità su controlli, manutenzione, contatti. L’inchiesta ha già accertato - come del resto aveva chiarito il Policlinico - che la culla, installata nel 2014, non è mai stata collegata direttamente alla Neonatologia, nonostante quello che c’è scritto sul sito internet della chiesa, che quindi induce in errore chi si documenta online su quella moderna «ruota degli esposti». Resta inoltre da capire se, come sembra, l’unico telefono collegato all’allarme fosse quello di don Antonio Ruccia il quale, quando è stato sentito prima di essere formalmente indagato, ha dichiarato che la mattina del 2 gennaio (lui era a Roma) il suo cellulare non ha squillato. I magistrati hanno acquisito i tabulati telefonici per verificare se la chiamata sia però partita. Il sacerdote poi, assistito dall’avvocato Salvatore D’Aluiso, è stato convocato nuovamente due giorni fa per essere interrogato come persona indagata, ma dinanzi ai pm si è avvalso della facoltà di non rispondere. Anche il co-indagato Nanocchio è stato sentito due volte: come persona informata sui fatti il giorno del ritrovamento del bambino e, di nuovo, qualche giorno fa. Difeso dall’avvocato Giovanni De Leo, l’elettricista ha spiegato di essere stato chiamato dal parroco il 14 dicembre, quindi poco più di due settimane prima del ritrovamento del neonato, per un problema all’alimentatore della culla e di averlo riparato. Lo stesso giorno c’era stato un blackout elettrico nel quartiere che non è escluso abbia influito sul malfunzionamento del dispositivo termico. Nanocchio ha anche chiarito di non aver avere un contratto di manutenzione ma di intervenire «a chiamata», scaricando sul sacerdote la responsabilità dei controlli sul funzionamento della culletta.

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