GRAVINA IN PUGLIA - Foto di famiglia, tavolate, sorrisi. È il ritratto di una donna sempre sorridente quello che emerge dai social di Maria Arcangela Turturo, 60 anni, la donna uccisa a Gravina in Puglia la notte del 6 ottobre che, prima di morire, ha accusato il marito Giuseppe Lacarpia, 65 anni, di aver prima dato fuoco all'auto in cui si trovava e poi di averle messo le mani alla gola. Il quadro ricostruito dagli inquirenti è quello di un rapporto segnato da aggressioni e maltrattamenti, tanto che Lacarpia era già stato arrestato per aver tentato di uccidere suo figlio in passato, quasi 15 anni fa.
Gli agenti hanno ascoltato infatti le testimonianze della figlia della donna e di suo marito, ricostruendo le fasi precedenti all'omicidio, che, in base agli elementi raccolti, sarebbe stato premeditato.
«Mamma a settembre mi disse: sento che mi deve uccidere», ha messo a verbale una delle figlie della coppia. È stata lei a raccontare agli agenti che il padre era spesso violento e che per ben tre volte la madre era finita in ospedale a causa delle aggressioni subite. «Era violento, si ammazzavano di botte», ha dichiarato sulle liti che avvenivano in casa tra i due coniugi. Sembra che le liti spesso fossero provocate dai debiti che l'azienda del 65enne, specializzata nell’allevamento di mucche e produzioni casearie, aveva contratto. La vittima spesso avrebbe lasciato il tetto coniugale per rifugiarsi a casa delle figlie. «Stava da me o da mia sorella dieci giorni e poi tornava a casa», ha riferito la donna. L’uomo, inoltre, soffrirebbe di alcuni problemi neurologici, ma non in stadio grave, per i quali è stato anche ricoverato per qualche tempo. In passato ha anche tentato il suicidio.
Sono state inoltre forniti dettagli sulle ore precedenti alla tragedia: «Dovevamo andare al compleanno di mio nipote, a Villa Maresciallo. Eravamo d'accordo ad andare con le auto di famiglia, e avevamo suggerito a mio padre e a mia madre che sarebbe stato opportuno che venissero con noi, e non prendessero la macchina di mio padre, che è una Fiat 500. Preciso che mio padre non doveva guidare, in quanto soffre di demenza senile ed Alzheimer, ma è capace di intendere e volere perfettamente. Mio padre, fin dall'inizio dell'organizzazione di questa festa, ci aveva detto che voleva andare con la sua macchina, che doveva guidare lui a tutti i costi. Noi abbiamo anche provato a insistere per fargli cambiare idea, ma lui si era come incaponito diventando anche aggressivo».
Durante la festa, poi, la figlia ha raccontato che il padre ogni dieci minuti «andava a guardare la macchina nel parcheggio», e poi, alla fine, ha aspettato che andasse via prima l'altro figlio.