BARI - Chi tra medici o infermieri è riuscito ad andar via lo definisce senza mezzi termini «un inferno». Il Pronto soccorso dell'ospedale «Di Venere» sta letteralmente esplodendo tra la pressione dei pazienti che arrivano in numeri sempre crescenti e medici e personale sanitario al collasso, tanto più in questi giorni di pieno agosto. I numeri della situazione: ci sono 6 posti letto, ma si arriva a tenere in osservazione fino a 25 pazienti in contemporanea.
«Lo gridiamo da anni: al Di Venere si vive una gravissima situazione di emergenza – ripete Nicola Brescia segretario nazionale Usppi -, non è più sostenibile. Ne vanno di mezzo i pazienti e lo stesso personale. Vengono additati come responsabili dei disservizi, se un paziente non viene visitato in pochi minuti subiscono aggressioni, ma la realtà è un'altra». E la realtà è che ci sono solo due medici presenti che coprono l'intera giornata, con infermieri ed oss allo stremo.
«E siamo convinti che con l'autonomia differenziata sarà anche peggio – mormora il personale sanitario a mezza bocca -. Chi è più giovane, magari senza i vincoli di famiglia, andrà via, in strutture del nord Italia o all'estero. Come dar loro torto?»
«Noi non siamo responsabili di questa situazione – spiegano alcuni medici che chiedono l'anonimato -, siamo vittime. I pazienti si rivoltano contro di noi, ci accusano di non fare bene il nostro lavoro, ma i turni da 120 ore che facciamo sono da massacro».
«Un problema che non riguarda sono il Di Venere ma tutti gli ospedali della Asl Bari – sottolineano i referenti Usppi -. Da Monopoli ad Altamura la situazione è uguale, anzi in alcuni casi anche peggiore. E non è una responsabilità della dirigenza della Asl Bari: da un anno sono state chieste le aperture dei nuovi reparti di Medicina d'urgenza che potrebbero decongestionare i Pronto soccorso in affanno, ma la Regione sembra non sentire. Si tratta di reparti cuscinetto essenziali per permettere la migliore gestione dei pazienti, evitare di tenere in Pronto soccorso pazienti per ore ed ore, a volte giorni, non togliere posti letto ai vari reparti e garantire le migliori cure possibili ai malati. E la Regione che fa? Invece di dare priorità ad una struttura come il Di Venere, attiva Medicina d'urgenza al Policlinico e al Miulli. E il Miulli non ha certo la pressione o numeri di pazienti del Di Venere».
Il punto di vista di Usppi è di chi conosce il problema dall'interno, con oltre 700 medici è il sindacato che pesa di più in assoluto nella Asl di Bari. «I nostri iscritti ci raccontano di tutto – continua Brescia -. Ritmi di lavoro disumani, che non riescono a garantire il diritto alla salute del paziente e neanche del personale. Il problema si deve risolvere subito. Per questo oggi stesso chiederemo un incontro sindacale dinanzi agli organi competenti. Altrimenti non escludiamo iniziative dimostrative».
«C'è stato un articolo qualche giorno fa pubblicato su una testata on line che ha sollevato tante polemiche. La giornalista ha registrato e pubblicato un alterco tra una collega e una infermiera in servizio – raccontano dal pronto soccorso del Di Venere -, un momento di tensione che quando lavori sotto pressione giorno dopo giorno è più che comprensibile. Invece messo su un giornale è diventato l'emblema di una sorta di mala sanità. Non è vero. Qui tutti danno molto più che il massimo. E quando diciamo tutti, intendiamo veramente tutti».
In pratica il problema, c'è, è grave e la soluzione si chiama Medicina d'urgenza. «La Asl di Bari ha presentato una richiesta nel luglio dell'anno scorso – spiegano i referenti Usppi -. La dirigenza conosce i problemi, è dalla parte dei medici, ma le decisioni sono della Regione. Su carta c'è anche già il regolamento che istituisce i reparti per i Dea di secondo livello e per gli ospedali di primo livello su richiesta, come il Di Venere, il San Paolo, Altamura, ma ad un anno dalla richiesta non è seguita nessuna decisione».
I reparti di Medicina di urgenza sono strutture cuscinetto. Le denunce di pazienti parcheggiati 12 o 24 ore nei Pronto soccorso (a volte anche giorni), messi in barella lungo le corsie, non esisterebbero più perché il tempo di osservazione verrebbe svolta in queste strutture ad hoc. Reparti fino a 20 posti letto, per ricoveri brevi, che a loro volta evitano di saturare i posti letto nei vari reparti ospedalieri, pensati invece per i casi più gravi.
«Avere un reparto di Medicina d'urgenza significa far lavorare meglio tutti: Pronto soccorso e reparti – spiega il segretario Usppi -. Significa poter prendere in carico il paziente e seguirlo per tutte le sue necessità. Oggi invece ci si trova con malati che si rivolgono al Pronto soccorso e stanno lì ad aspettare ore, anche una intera giornata. Il Pronto soccorso non è un'area di ricoveri e invece è costretto a farli. Ecco perché ci sono tanti pazienti che poi decidono di andar via, anche loro stremati. Accusano cure superficiali, ma in realtà si tratta di medici allo stremo in strutture che dovrebbero fare altro. Ora noi diciamo basta a questa disorganizzazione».