BARI - Inizierà il prossimo 5 novembre davanti ai giudici della Corte d’Assise di Bari il processo nei confronti di Salvatore Vassalli, carpentiere di Canosa che il 18 dicembre scorso ha ucciso a colpi di pistola il fisioterapista barese Mauro Di Giacomo.
Il procuratore aggiunto Ciro Angelillis ed il sostituto Matteo Soave hanno chiesto e ottenuto dal gip Nicola Bonante l’ammissione di un decreto di giudizio immediato: gli viene contestato il reato di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dall’aver agito con crudeltà, dai futili motivi e dalla minorata difesa, poiché Di Giacomo sarebbe stato impossibilitato a difendersi poiché aveva le mani occupate dalle buste della spesa. L’uomo è detenuto nel carcere di Bari dal 16 maggio scorso.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha offerto una ricostruzione dei fatti differente rispetto a quella della pubblica accusa. Movente dell’omicidio - sempre stando a quanto riferito dall’accusa - il risentimento provato da Vassalli nei confronti della vittima, a suo dire responsabile di aver effettuato nel 2019 una manovra fisioterapica sbagliata nei confronti della figlia, che per questo motivo avrebbe subito danni permanenti. Tant’è che è stata avviata nei confronti del professionista una causa civile innanzi al Tribunale di Trani.
La sera del 18 dicembre scorso, Vassalli aspetta il fisioterapista sotto casa in via Tauro, nel quartiere Poggiofranco. «Non sapevo che aspetto avesse», ha spiegato. Vede un uomo scendere dalla macchina, si avvicina, gli chiede se fosse il dottor Di Giacomo. A quel punto scoppia la lite. Prima sono «volate parole». A fronte delle rimostranze del carpentiere, il fisioterapista gli avrebbe risposto che gli stava rovinando la carriera professionale. «Io sono corso alla macchina e avevo la pistola in macchina - il racconto -. Prendo la pistola... lui l’ha visto perché eravamo proprio vicinissimi, neanche a due metri dalla macchina. Lui l’ha vista, abbiamo continuato la colluttazione perché lui ha messo la mano sulla pistola, così mi ha preso il braccio e abbiamo continuato la colluttazione. Nella colluttazione io gli ho dato due-tre botte con la pistola e sono partiti i colpi perché come facevi con la mano. Boom! Boom! Boom! Boom! Partivano i colpi a tutta forza. È stato tutta una... una baraonda, cioè non si capiva più... più niente!».
È probabile che la difesa, rappresentata dagli avvocati Michele D’Ambra e Carmine Sarcinelli, punterà a smontare la tesi della premeditazione e dell’aver agito con crudeltà. Testimoni hanno riferito che Vassalli avrebbe infierito con il calcio della pistola sul corpo esanime di De Giacomo, ma l’imputato nega questa circostanza.
L’assassino ha spiegato poi di come si è disfatto della pistola, distruggendola all’interno di un garage: «Ci stanno tutti gli attrezzi edili, quindi lei immagini che cosa c’è, l’avrò buttata in qualsiasi parte perché già la sera avevo pensato... perché... “diciamo mò la faccio a pezzi, la faccio sparire”. La mattina mi sono alzato prima dell’orario di lavoro, sono andato là, l’ho fatta a pezzettini, strada facendo Canosa-Cerignola, siccome lavoravo a Cerignola, l’ho buttata».
Intanto pare che la famiglia Vassalli sia intenzionata a riassumere la causa civile – che era stata interrotta come previsto dal codice per morte del convenuto – nei confronti degli eredi di Di Giacomo.