BARI. Non ci sono più i presupposti per l’amministrazione giudiziaria della Maldarizzi spa. Il Tribunale di prevenzione di Bari (relatore Susca) ha revocato il provvedimento disposto il 26 febbraio, per sospette infiltrazioni della criminalità organizzata, a seguito della inchiesta Codice interno.
I giudici hanno dunque accolto la richiesta dei difensori della società, professor Filippo Bottalico e avvocato Luca Calcagnile. La situazione della società, uno dei principali concessionari di auto del Mezzogiorno, era stata discussa nell'udienza del 27 aprile in cui la Dda di Bari (con il pm Fabio Buquicchio) e l'Avvocatura dello Stato avevano chiesto di applicare a Maldarizzi il controllo giudiziario, misura meno invasiva rispetto all'amministrazione giudiziaria.
Il Tribunale ha invece disposto la revoca, rilevando - a seguito della relazione depositata dall'amministratore giudiziario, l'avvocato romano Luca D'Amore - l'«esito favorevole» dell'esecuzione della misura. L'amministratore giudiziario aveva infatti chiesto la revoca «ritenendo concluse le attività di bonifica» della società. La nomina era stata disposta per via della presenza, tra i collaboratori dell'azienda, di Tommaso Lovreglio, uno degli arrestati nell'operazione Codice interno: pur essendo un incensurato, l'uomo (finito in carcere) è nipote del boss di Japigia, Tommaso Parisi, ed è ritenuto intraneo al clan. Ma il Tribunale ha condiviso le conclusioni del commissario, ritenendo cessato il pericolo di infiltrazioni. L'azienda si era da subito difesa dichiarandosi «vittima» della situazione.