BARI - Le dichiarazioni della donna che era in macchina con Raffaele «Lello» Capriati quando la sera di Pasquetta è stato ucciso sono già nero su bianco agli atti dell’inchiesta sull’agguato. Proseguono a 360 gradi le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, sull’omicidio mafioso di un pezzo da novanta della criminalità organizzata barese, figlio di Sabino e nipote del capo clan Antonio Capriati (detenuto al 41 bis da anni, dove sconta una condanna all’ergastolo).
Capriati, scarcerato a fine agosto 2022 dopo una lunga detenzione di 17 anni per l’omicidio del 15enne Michele Fazio, vittima innocente di mafia, ucciso per errore durante una sparatoria nei vicoli di Bari Vecchia a luglio 2001. All’epoca Lello Capriati aveva appena 18 anni. Fuori dal carcere, ormai 40enne, potrebbe aver preso in mano le redini degli affari illeciti del clan. La sera in cui è stato ammazzato era a Torre a Mare (quartiere sulla costa sud del capoluogo, feudo del clan Parisi, alleato dei Capriati) con una donna, non sua moglie, quando i sicari lo hanno raggiunto - forse lo stavano seguendo - e hanno fatto fuoco, colpendolo mortalmente alla testa e alla spalla con quattro proiettili calibro 9x21 di una pistola semiautomatica.
La donna ha atteso che arrivassero i soccorsi e poi si è dileguata, facendo perdere le proprie tracce per ore. La macchina è poi stata recuperata (era parcheggiata in strada) e anche la donna è stata rintracciata e già interrogata. Non avrebbe fornito elementi ulteriori sulla ricostruzione della dinamica. Soprattutto non avrebbe riconosciuto i killer, che forse avevano il volto coperto. Visionando le immagini delle telecamere di videosorveglianza, si vede una moto che affianca l’auto con a bordo Capriati. La macchina aveva rallentato, era quasi ferma quando la moto, su cui viaggiavano in due (unao alla guida e uno con l’arma in pugno), si è accostata al mezzo e sono partiti i colpi. Capriati è morto in ospedale poco dopo. Immediate sono scattate le indagini della Polizia e ormai da cinque giorni gli investigatori stanno eseguendo perquisizioni e controlli in precise zone della città, soprattutto nei quartieri Carbonara e Libertà, quartier generale del clan Strisciuglio, storicamente rivale dei Capriati. La pista più accreditata è che il delitto sia maturato proprio nell’ambito di questa vecchia faida. Ma neppure è escluso che la miccia che ha riacceso la guerra tra i due clan sia legata a vendette per vicende personali, litigi o vecchi rancori. Giovedì il medico legale Francesco Vinci ha eseguito l’autopsia e ieri mattina, nel cimitero monumentale di Bari, si sono celebrati i funerali blindati.