BARI - «La ricostruzione della dinamica suicidiaria non lascia spazio a comportamenti da parte di terzi finalisticamente orientati ad istigare o quantomeno agevolare il proposito coltivato dalla donna». Sono le parole con le quali il gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Salvatore motiva l’archiviazione dell’indagine per istigazione al suicidio della 56enne di Santeramo in Colle Michelle Baldassarre, il cui corpo senza vita, trafitto da una lama e carbonizzato, fu trovato il 9 febbraio 2023 in campagna.
Dopo il decesso della donna il pm Baldo Pisani aveva aperto una indagine per istigazione al suicidio a carico di ignoti, anche se lo stesso gip nell’ordinanza di archiviazione evidenzia che è sul marito dal quale la donna di stava separando, il 57enne Vito Leonardo Passalacqua, «che ricadevano i principali sospetti in ragione dei precedenti maltrattamenti». L’uomo infatti è stato condannato in primo grado con rito abbreviato a 7 anni di reclusione per aver maltrattato la donna e le figlie.
Secondo la Procura e il giudice, però, vanno «mantenute su due piani separati le condotte maltrattanti e la fase di ideazione del suicidio scaturita da un processo di revisione critica del percorso esistenziale della donna sviluppato dopo l’interruzione del rapporto con il marito».
Nel provvedimento con cui il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione rigettando l’opposizione della famiglia della vittima, vengono ripercorsi gli esiti degli accertamenti disposti dal pm, a partire da quelli medico legali che «hanno escluso l’eventuale apporto di terzi della realizzazione dell’evento». Le indagini dei carabinieri hanno poi documentato che due giorni prima di morire la donna aveva acquistato benzina e la mattina del suicidio aveva acquistato un accendino da una tabaccheria. Poco prima della morte, poi, aveva inviato sull’utenza della sorella le coordinate geografiche corrispondenti al punto preciso di ritrovamento del corpo. C’è poi l’autopsia psicologica, eseguita dopo la morte dal professore Roberto Catanesi, psicopatologo forense, che «ha concluso per una compatibilità degli elementi raccolti con l’ipotesi suicidiaria, evidenziando in particolare che “la ricostruzione retrospettiva dello stato mentale, della vita, dell’ambiente e della personalità” della donna, “alla luce in particolare della relazione con l’ex marito”, ha “in definitiva fatto emergere una serie di fattori di rischio”, tra i quali l’esperto ha annoverato anche il precedente tentativo di suicidio, “che fondamentalmente avrebbe potuto costituire, agendo contestualmente e in modo sinergico, alla produzione di un comportamento autodistruttivo, in cui è possibile intravedere diversi elementi motivazionali potenzialmente agenti, anche in sinergia fra loro”».
Inoltre la ricostruzione degli spostamenti del marito «ha escluso un suo coinvolgimento il giorno in cui è avvenuto il decesso della donna» (era sul posto di lavoro all’ora della morte) e neanche nei giorni precedenti alla data dell’evento sono emersi contatti tra gli ex coniugi (lui era agli arresti domiciliari da dicembre per i maltrattamenti).
«Nessun dato - evidenzia il gip - consente di ritenere che Passalacqua abbia posto in essere comportamenti preordinati alla realizzazione del suicidio della moglie».
In definitiva «gli elementi valorizzati nella richiesta di archiviazione depongono per l’esistenza di una causa sopravvenuta ritenuta da sola sufficiente ad innescare un processo auto-soppressivo» nella donna. Tale causa - è spiegato nell’ordinanza di archiviazione - è stata individuata nell’insieme di fattori emersi all’esito dell’autopsia psicologica, «quali la consapevolezza maturata dalla donna della irreversibile fine del legame con il marito su cui ella aveva plasmato la propria esistenza, il senso di colpa sviluppato nei confronti delle figlie, l’umore depressivo con riferimento all’abbandono della struttura protetta e l’imminenza del confronto processuale con il coniuge». «Trattasi di eventi - secondo il giudice - che nei tempi immediatamente precedenti al decesso hanno ragionevolmente determinato una condizione di sofferenza psichica intensa, rappresentata da alti livelli di ansia, angoscia e preoccupazioni per il futuro, oscillazione depressiva dell’umore. La sinergia di tali fattori si pone dunque esclusivamente all’origine del comportamento autodistruttivo della donna. Conclusione, questa, che consentirebbe di escludere un nesso di causalità tra i precedenti maltrattamenti subiti in ambito familiare e il suicidio».