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Bari, diagnosi precoce dell’Alzheimer grazie all’intelligenza artificiale

 
Barbara Minafra

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Barbara Minafra

Bari, diagnosi precoce dell’Alzheimer grazie all’intelligenza artificiale

Pubblicato uno studio del Dipartimento di Computer Science dell’Università

Sabato 16 Marzo 2024, 11:10

BARI - Pet e Risonanza magnetica potenziate dall’Intelligenza Artificiale per diagnosticare il morbo di Alzheimer. Sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature è appena stato pubblicato lo studio coordinato dalla prof.ssa Giovanna Castellano del Dipartimento di Computer Science dell’Università di Bari che ha individuato un modello di Ai «multimodale» che si sta rivelando molto utile per individuare precocemente i segnali della malattia neurodegenerativa per la quale attualmente non c’è una cura. Se le demenze colpiscono 55 milioni di persone in tutto il mondo e l’Alzheimer rappresenta il 60-70% di tutti i casi, solo una diagnosi precoce consente al momento strategie di “gestione” del morbo, in grado apportare benefici significativi a pazienti, familiari e caregiver.

I ricercatori UniBa (lo studio è firmato anche da Andrea Esposito, Eufemia Lella, Graziano Montanaro e Gennaro Vessio) hanno scoperto che risonanza (Mri) e Pet (tomografia a emissione di positroni) 3D forniscono prospettive diverse ma entrambe utili, rendendo il modello diagnostico più efficace. I risultati sperimentali evidenziano che il modello multimodale che combina le due tecniche tradizionali, non solo equipara ma supera altri metodi in uso, peraltro identificando alcune aree cerebrali “vitali” per la diagnosi. L’Intelligenza Artificiale promette cioè di trasformare le diagnosi anche perché le tecniche di neuroimaging, Mri e Pet dell’amiloide, offrono importanti biomarcatori. «Il nostro modello - si legge nello studio - si concentra su regioni cruciali correlate all’Alzheimer per le sue previsioni, sottolineando il potenziale di aiuto nella comprensione delle cause della malattia». Questo perché «l’intelligenza artificiale offre una strada promettente per potenziare i metodi diagnostici tradizionali, sfruttando tecniche avanzate di machine learning e deep learning per sfruttare biomarcatori affidabili per un rilevamento precoce e accurato.»

Finora le tecniche multimodali sono state poco esplorate e pochi studi hanno cercato di massimizzare le prestazioni combinando più tipologie di imaging. Il gruppo della prof.ssa Castellano ha invece valutato modelli basati su reti neurali convoluzionali (convolutional neural network-Cnn) utilizzando Mri e Pet sia 2D che 3D, in modalità unimodale e multimodale incorporando tecniche di “IA spiegabile” per migliorare la trasparenza del processo decisionale. I risultati sono promettenti: la tecnica ha raggiunto un’accuratezza nell’identificare la malattia del 70–95%, in linea con lo stato dell’arte ma i modelli che usano scansioni 3D hanno superato le performance bidimensionali. Inoltre, l’analisi ha rivelato che i modelli unimodali che elaborano Mri in 2D o 3D forniscono risultati migliori rispetto ai modelli basati sulle Pet, con una differenza di accuratezza di circa 8–10%. Tra i modelli proposti, il modello multimodale che fonde le caratteristiche estratte simultaneamente da Mri 3D e Pet 3D permette poi di raggiungere un’accuratezza del 95%. Questo risultato suggerisce che Mri e Pet hanno ruoli complementari nella diagnosi del morbo, anche se la Mri è cruciale negli scenari in cui è disponibile una sola modalità.

“Gli studi hanno dimostrato che il deep learning può migliorare significativamente lo sviluppo di sistemi di rilevamento assistiti da computer utilizzando scansioni Pet e rispecchiando i successi precedentemente documentati con i dati Mri”. Quest’approccio, si legge ancora nell’articolo scientifico “offre una strada promettente per ottenere informazioni più complete sulle anomalie cerebrali e migliorare l’accuratezza diagnostica”.

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