BARI - Più della nota firmata dai partecipanti al tavolo del centrosinistra per Bari, è evocativo il posizionamento dei frontman: da un lato Domenico De Santis, segretario regionale del Pd, e dall’altro Alberto Tedesco, componente della segreteria pugliese del Psi. I due (protagonisti di confronti ruvidi nelle precedenti riunioni) sono i maggiori interpreti della dicotomia che va consolidando nel campo progressista. L’esponente dem (insieme a Con e civiche emilianiste) è per un azzeramento delle candidature - tema ribadito anche ieri nell’incontro tenuto nella sala del primo della sede di via Re David - al fine di trovare una candidatura unificante, l’ex senatore socialista invece considera la migliore espressione della coalizione quella di Michele Laforgia, leader della Giusta Causa. Le posizioni sono dunque cristallizzate e distanti, ma un tentativo di non chiudere i canali del dialogo è evidente.
Tra il Pd (che ha tre nomi su cui puntare: Marco Lacarra, Pietro Petruzzelli e Paola Romano) e l’ala identitaria pro Laforgia ci sono tante sensibilità mediane: i socialdemocratici con Mimmo Magistro e Peppino Abbati sono per la riabilitazione delle primarie, i Verdi sembrano fare l’occhiolino alla soluzione mite dell’ex parlamentare ecologista Vito Leccese.
Tornando al documento finale, emerge il pieno riconoscimento di Azione come parte integrante del centrosinistra regionale, considerando così superate le antiche ritrosie che hanno caratterizzato il rapporto tra il governatore Michele Emiliano e Carlo Calenda (o il suo coordinatore pugliese Fabiano Amati). In ogni caso si evidenzia che «tutti i presenti hanno condiviso la necessità di tenere unita la coalizione progressista», stante i rischi di andare con due candidati alle urne (rimettendo in pole il centrodestra) e si dà conto di un prossimo aggiornamento al 29 dicembre (data però da confermare). Nelle prossime ore si riunirà il tavolo cittadino per «fare sintesi sui temi e redigere il manifesto programmatico per la città di Bari». Capitolo candidature: «Sì è convenuto inoltre di ricercare e valorizzare - è scritto nella dichiarazione finale dei partiti - le competenze e professionalità, includendo tutte le sensibilità politiche sinora emerse al fine di mantenere l’unità, per attuare insieme il programma e guidare la coalizione unitariamente nell’interesse della città».
Nel dibattito, a tratti acceso, il Pd ha ribadito la necessità di ritirare tutti i candidati proposti, ma il Psi e Sinistra italiana hanno continuato a schierarsi con Michele Laforgia (che ieri ha tenuto un incontro sulla «città universitaria»). Più sfumata la posizione del M5S, che con Leonardo Donno ha ribadito la propria pregiudiziale sul metodo delle primarie, auspicando che emergano più candidati ufficiali al fine di fare una valutazione complessiva (e così ha negato ogni possibile veto). Per i socialisti, inoltre, viene meno la conventio ad excludendum nei confronti di Laforgia, che nella prossima riunione sarà oggetto di valutazione insieme agli altri esponenti che saranno proposti da tutti i componenti della coalizione. Di sicuro per vendoliani e pentastellati, il tema dell’unità del campo largo progressista sarà uno degli elementi di valutazione per orientare la scelta finale. Nonostante le schermaglie romane tra la Schlein e Conte, nelle amministrative tutti i partiti del fronte anti-Meloni sono interessati a consolidare una coalizione ampia che possa raccogliere il malcontento di territori e categorie rispetto alle scelte dell’esecutivo. Una divisione modello elezioni politiche del settembre 2022 sarebbe considerata da tutti (compresi gli elettori più fedeli), un autogol e un assist per una nuova avanzata delle destre.