BARI - «Affrontare il Bari farà un certo effetto. Avrei potuto esserne il presidente, ora mi ritrovo da avversario». La sfida tra i biancorossi ed il Lecco avrà un sapore unico per il patron del club lombardo, Paolo Di Nunno. Imprenditore nel settore dell’elettronica (è il fondatore dell’Elettronica Video Games con sede a Cormano), è originario di Canosa di Puglia, sebbene ormai da oltre cinquant’anni viva nel milanese. Figurava anche la sua manifestazione di interesse tra le undici pervenute ad Antonio Decaro il 31 luglio 2018, quando il sindaco barese insignì la famiglia De Laurentiis per rilevare il club biancorosso dal fallimento.
Ma Di Nunno non si è fermato. Con il Lecco ha centrato la promozione dalla D alla C nel 2019, proprio come il club pugliese. Che ha raggiunto in cadetteria la scorsa estate, dovendo difendere l’impresa colta ai playoff di Lega Pro fino all’ultimo grado di giustizia sportiva. «È stato un periodo terribile», racconta Di Nunno. «Io e i miei figli ci siamo battuti per impedire una clamorosa ingiustizia, abbiamo accettato di dover fare mercato in cinque giorni ed ora abbiamo circa una decina di calciatori da cedere, con la contemporanea esigenza di rinforzarci a gennaio. Siamo anche reduci dal tour de force per recuperare le prime tre giornate. Però siamo in piedi. E combattiamo».
Facciamo un passo indietro: come nacque l’idea di rilevare il Bari, cinque anni fa?
«Un debito di riconoscenza. Bari mi ha salvato la vita: da giovane ebbi un grave incidente sul lavoro che mi causò una cancrena all’ultimo stadio ad una gamba. Fui trasferito nel capoluogo in coma e i medici riuscirono a guarirmi. Ero ricoverato proprio nei pressi dello stadio Della Vittoria: nel progetto presentato al sindaco Decaro, lo avevo indicato come impianto di riferimento sia per una ragione sentimentale, sia perché sarebbe stato perfetto nell’equilibrio tra costi e presenza di pubblico, almeno in serie D».
Perché non fu scelto il suo progetto?
«Si optò per la proprietà più facoltosa: la strada più sicura per risalire rapidamente la china. Comprendo, ma il mio era comunque un programma ad ampio raggio. Bari è una città con potenzialità infinite. Un’attività capillare sul settore giovanile sarebbe stata una priorità: avevo individuato un’area in cui costruire 15 campi per far allenare dalla prima squadra fino ai più piccoli. Tuttavia, sarebbe da folli discutere le capacità della famiglia De Laurentiis: i risultati che hanno ottenuto nel calcio sono sotto gli occhi di tutti. Eppure, le tensioni attuali non mi meravigliano: come si poteva immaginare che la piazza barese non avrebbe legittimamente preteso di tornare in serie A? La multiproprietà resta un limite oggettivo, inutile girarci attorno. Ma chissà che la situazione non sia in via di risoluzione…».
È al corrente di prossimi sviluppi per il club biancorosso?
«Secondo informazioni che ritengo fondate, il Bari sarà presto ceduto ad investitori americani. Dispiace che si perda il legame con il territorio, ma il calcio italiano ormai va in quella direzione. E poi bisogna ammettere che le proprietà estere siano capaci di investimenti insostenibili per alcun imprenditore nel nostro Paese».
Ma se mai si aprisse una possibilità di acquistare il Bari, lei ci riproverebbe?
“Non scherziamo. Quando il Bari sarà venduto, occorreranno non meno di cinquanta milioni. Forse addirittura il doppio, se la squadra sarà proiettata verso la serie A. Per chi può, l’investimento è giustificato: parliamo di una piazza che, tra bacino d’utenza sul territorio, Italia ed estero, arriva tranquillamente al milione di appassionati, con uno stadio da 60mila posti che in A sarebbe sempre gremito. Siamo in una dimensione molto lontana dalle mie possibilità. Il mio sogno ora è salvare il Lecco e cederlo: non sono più un ragazzino…».
Che partita immagina domenica?
«Noi e il Bari disputiamo campionati diversi. I biancorossi stanno affrontando alcune difficoltà, ma torneranno in alto. Il Lecco deve mantenere la categoria. Il mio orgoglio, però, è guardare a testa alta chi ad inizio torneo ci vedeva in B come degli intrusi, sottovalutando tutto ciò che abbiamo passato. Invece, abbiamo battuto Palermo, Parma e Pisa che hanno speso dai venti ai trenta milioni e siamo a due punti dalla salvezza. Ci aspetta un altro match impari sul piano dei valori, ma affrontiamo tutti senza timori. Come andrà? Mi interessa relativamente. Ma voglio vedere la squadra combattere e giocare il calcio veloce che stiamo esprimendo da quando abbiamo cambiato allenatore. Ben inteso: sono grato a Foschi che ha compiuto l’impresa della promozione. Ma occorreva sintonizzarsi subito su una categoria troppo diversa dalla C: Bonazzoli si è calato immediatamente nel ruolo. E stiamo anche lanciando anche tanti ragazzi. Anche il nostro ds, Domenico Fracchiolla, è tra gli emergenti ed è barese: la serie B è una bella vetrina pure per lui».
Sarà allo stadio domenica?
«Negli ultimi mesi ero quasi “morto”: soltanto martedì ho visto la prima partita dal vivo del mio Lecco in serie B. Sì, domenica non potrò proprio mancare…».