GRAVINA - «Guardo i miei figli crescere non con gli occhi, ma con il cuore. Anche per quanto riguarda il resto della mia vita, il cuore ha un ruolo dominante. Ecco, non sempre. Pulisco in continuazione casa, peccato, però, che le macchie non siano visibili solo con il cuore: pulisco e pulisco, ma lo sporco c’è sempre». Ride. E si commuove. Perché la felicità è un pianto e una risata che esplodono insieme. È una scarica di vitalità Angela Tataranni, gravinese, 50 anni, 3 figli, e una retinite pigmentosa periferica diagnosticatale all’età di 30 anni, una patologia degenerativa assimilabile, in questo stadio, alla cecità.
Eppure, è riuscita a reggere sulle sue spalle il peso di una vita che ha provato più volte a piegarle le gambe, trasformando la malattia nella continua ricerca di una fessura per entrare in un mondo prima distante. L’ultimo fotogramma di una vita vissuta a pieno, con coraggio e determinazione, risale a due giorni fa quando, presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Interdiocesano di Matera, Angela ha conseguito, con un punteggio di 107, la laurea triennale in Scienze Religiose, con una tesi dal titolo “Carismi: doni fecondi dello Spirito Santo”. «Mentre il talento è insito nella natura dell’uomo - spiega - i carismi sono doni che riceviamo e riscopriamo nella grazia dello Spirito Santo».
Anche se per Angela non ci sono eroismi da esaltare, il traguardo ha mille motivi per essere celebrato. «Ho frequentato sempre, ho studiato principalmente dalle sbobinature delle lezioni e per la lettura dei manuali mi sono servita, soprattutto all’inizio, nel 2019, quando la mia cecità non era ancora cronica, del video ingranditore. Certo, ci mettevo dieci minuti per leggere una pagina, ma ho scelto questo percorso di studi spinta da una forza superiore che mi chiedeva di ricercare lì le risposte a tante mie domande». La sua, doveva essere un’altra storia. «La diagnosi è arrivata quando ero in attesa del mio primo figlio, a pochi mesi dal matrimonio - racconta - per i primi anni, il peggioramento della vista è stato lieve. Guidavo ed ero educatrice presso una comunità. Dal 2009 al 2013 ho lavorato come maestra della scuola dell’infanzia, poi basta. L’invalidità è diventata incompatibile con qualsiasi professione. E anche il mio stato d’animo ha subito il colpo: ho vissuto un periodo di forte depressione». Dal malessere dell’anima, alla Angela di oggi il passo non è stato né semplice, né breve. Però, per fortuna, c’è stato.
«Il pensiero che i miei figli avevano bisogno di me, l’incontro con un parroco, don Vito Cassese, e la fede che nel tempo è cresciuta, mi hanno aiutato ad accettare la malattia e ad autogestirla». Ma anche a parlarne senza censure, per dare forza a quanti ne hanno bisogno. Anche ridendoci su. «Di disastri ne combino. Ho confuso la polpa di pomodoro con la macedonia, e quindi l’ho cucinata, fino a quando l’olfatto mi ha aiutato quanto meno ad accendere un dubbio». I volti nitidi dei suoi figli li ricorda fermi a 12 anni fa. Mentre loro, nel frattempo, sono cresciuti e hanno rispettivamente 22, 20 e 17 anni, e non mancano di incoraggiarla. Anche grazie alla sua famiglia, da oggi si riparte con lo studio. Prossimo traguardo: la laurea magistrale.
















