BARI - Una vicenda dolorosa che continua a far parlare di sé nelle aule di tribunale dopo 7 anni. Il 2 maggio del 2016 la figlia di Marta e Onofrio purtroppo nasce morta, con il cordone ombelicale stretto intorno al collo, al termine di un intervento di taglio cesareo iniziato con ritardo per la mancanza di una sala operatoria immediatamente disponibile. Una tragedia sulla quale viene aperta una inchiesta che coinvolge il personale medico del reparto di Ginecologia e Ostetricia, oltre a quello di Chirurgia, dell’ospedale «Di Venere» di Carbonara.
Secondo quanto emerse dalla ricostruzione fatta dagli investigatori quel 2 maggio, la posizione della bambina nella pancia della madre, preoccupò i medici. Il periodo di gestazione stava finendo ma gli specialisti si resero conto che c’era bisogno di anticipare il momento del parto.
Iniziò una drammatica corsa contro il tempo. Tutte le sale operatorie del reparto di Ostetricia erano occupate. I medici decisero di rivolgersi al vicino reparto di Chirurgia generale per eseguire un parto cesareo urgente. Nella stessa sala operatoria era però programmato un altro intervento. Ne seguì una liti tra medici che si contendevano l’utilizzo di quel lettino operatorio: la partoriente entrò nella sala operatoria con un’ora di ritardo. Le condizioni della neonata si aggravarono irreversibilmente e con il successivo taglio cesareo ai medici non restò altro che constatare il decesso della piccola per asfissia dovuta al cordone ombelicale stretto attorno al collo. Seguirono indagini approfondite, avvisi di garanzie e rinvii a giudizio con il processo di primo grado celebrato a Bari a marzo dello scorso anno con rito abbreviato e conclusosi con la condanna, per omicidio colposo, a un anno di reclusione per i ginecologi Vito Partipilo e Carlo Campobasso, e a otto mesi per l’anestesista Antonio Simone. Fu assolto, invece, il primario di chirurgia generale Francesco Puglisi. La Corte di Appello di Bari ha ora ribaltato l’esito del processo. I giudici hanno infatti assolto «per non aver commesso il fatto» i ginecologi Partipilo e Campobasso, hanno confermato la condanna a otto mesi per Simone e hanno riconosciuto la responsabilità civile del primario assolto in primo grado e ora condannato al risarcimento dei danni nei confronti della famiglia dalla bimba, assistita dall’avvocato Felice Petruzzella.
«Dopo questa sentenza la vera condanna l’abbiamo ricevuta io e mia moglie Marta - ha commentato Onofrio Visaggio, padre della piccola deceduta - che continueremo a vivere sempre nel dolore che ci è stato inflitto e che sembrerebbe potersi ricondurre all’assurdo e incomprensibile litigio scoppiato tra due medici».
«L’esito del giudizio di appello - ha affermato il legale - sembra aver riconosciuto la valenza devastante di quel litigio su chi avesse diritto ad occupare la sala operatoria, accertando che fu drammaticamente questa la causa del decesso della piccola».