BARI - «Un mese. Tanto ho dovuto aspettare prima di avere un farmaco che viene distribuito solo dalla farmacia territoriale, quella all'interno del Cto per intenderci». Il sig. N.T. è indignato, non tanto con medici e infermieri preposti al servizio, ma per l'organizzazione carente, che riversa sul paziente le storture di un sistema che non riesce a garantire un adeguato servizio.
«Sono in cura a Milano, dove uno specialista mi ha prescritto un farmaco che mi può abbassare il colesterolo senza dover ricorrere a statine, che non posso assumere - racconta -. Si tratta di un medicinale nuovissimo. Con la prescrizione dello specialista mi sono rivolto al mio medico di base, che mi fa presente che deve chiedere alla Asl l'autorizzazione all'uso. Si inoltra tutta la pratica e dopo 10 giorni mi arriva una risposta sibillina: “l'uso di questo farmaco è da valutare, si deve vedere...” Così decido di recarmi personalmente alla Asl e chiedere. Ricevo rassicurazioni in merito: “non ci sono problemi, ci lasci copia della sua ricetta”.
A questo punto siamo già al 26 giugno, la rassicurante risposta data a N.T., che in tutto questo è un anziano di 67 anni, indicava in una decina di giorni la soluzione del problema. «Ho aspettato fino al 12 luglio un segnale, poi ho incominciato a chiamare la farmacia territoriale, per capire se il medicinale fosse arrivato. Così mi era stato detto. Sul sito della Asl è specificato che le prenotazioni si possono fare anche telefonicamente. Mi rispondono dopo molte insistenze, ma non risulta nulla. Il farmaco deve ancora essere ordinato. Aspetto un'altra settimana, richiamo e mi sento dire che è stato sì ordinato, ma non è ancora arrivato. Decido giovedì della scorsa settimana di andare di persona, ma evidentemente sono sfortunato, perché incorro proprio nel giorno di chiusura della farmacia, appunto il giovedì».
La farmacia è aperta solo 4 giorni la settimana e secondo fasce orarie molto risicate: il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9.00 alle 12.30; il martedì dalle 9.00 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 16.30.
«Torno di persona il venerdì, che di avere informazioni al telefono anche solo per sapere se il farmaco era arrivato, non riesco in alcun modo, e mi trovo con un numero di prenotazione altissimo. Davanti a me almeno 35 persone in attesa. C'erano pazienti oncologici che mi hanno raccontato la loro odissea, con il caldo, il doversi recare di persona per avere farmaci salvavita con attese anche di settimane. Che la consegna a domicilio è solo scritta su carta. E io ero lì e non avevo neanche la sicurezza di trovarlo! Sono stato fortunato. Dopo la lunga coda il medicinale era arrivato, ma ho dovuto nuovamente battagliare per poter avere due scatole (che servono per due mesi di terapia), me ne volevano dare solo una. In pratica a metà agosto avrei dovuto rifare tutta la trafila, tra prenotazione, attesa che il farmaco arrivasse, andarlo a ritirare... Sinceramente sono rimasto scioccato: una organizzazione pessima. Niente da eccepire sul carico di lavoro a fronte di personale sicuramente esiguo, ma a pagare sono sempre i malati. Persone costrette a carichi di attesa e sballottati dalla burocrazia, costretti a fare su e giù nonostante le patologie. Un servizio da terzo mondo che non si può più tollerare».