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Amianto a Gioia del Colle: tutti assolti per la morte di 5 operai

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Amianto a Gioia del Colle: tutti assolti per la morte di 5 operai

Per ex dirigenti e medici della Ansaldo Caldaie prescritto il reato di disastro colposo. I nove imputati rischiavano fino a 6 anni

Sabato 15 Luglio 2023, 12:39

GIOIA DEL COLLE (Bari) - Tutti assolti i nove imputati, ex legali rappresentanti dello stabilimento Ansaldo Caldaie di Gioia del Colle e gli allora medici addetti allo stabilimento, per la morte di cinque ex lavoratori, deceduti a causa dell’esposizione alle polveri di amianto. Per loro la Procura di Bari aveva chiesto condanne fino ai 6 anni e 6 mesi di reclusione per concorso in disastro e omicidio colposo.

A quasi sette anni dall’inizio del processo, il giudice ha dichiarato la prescrizione del reato di disastro colposo (contestato a tutti gli imputati) e l’assoluzione per gli omicidi colposi.

A risponderne erano l’ex amministratore delegato Lorenzo Cenzato (negli anni 1978- 1979), i presidenti del Cda che si sono avvicendati negli anni Giuseppe Aldo Migliorino (1987- 1990), Enzo Ianuario (1990- 1991), Renato Giulio Conti (1992- 1995), Ferruccio Bressani (1997- 2000), Africano Vigo, responsabile dello stabilimento dal 1990 al 1996, Orazio Antonio Masi, responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi dal novembre 1995, Giovanni Castrignanò, medico della società dal 1993, Claudio Paci, medico addetto allo stabilimento da settembre 1991 a settembre 1992 (nel collegio di difesa gli avvocati Daniele De Luca, Nicoletta Garaventa, Giuseppe Modesti, Andrea Moreno, Corrado Pagano, Danilo Penna, Giovanni Scopesi, Roberto Eustachio Sisto, Alessandra Tamburrano).

Secondo il giudice Antonio Donato Coscia nessuno degli imputati è colpevole di quelle morti. Secondo l’accusa, invece, rappresentata dal pm Domenico Minardi, i decessi a causa di malattie respiratorie e tumori, gli ultimi risalenti al 2013, sarebbero stati causati dalla presenza di polveri di amianto a contatto con gli operai.

Dagli accertamenti svolti dalla sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri, era emerso inoltre che sarebbero state violate per decenni le norme sulla gestione delle polveri e dei materiali contenenti amianto che venivano lavorati nella fabbrica, specializzata nella produzione di generatori di vapore e centro di ricerca combustione.

Nell’imputazione sul disastro colposo (prescritta) è spiegato che «pur potendosi prevedere la pericolosità per la salute dell’esposizione alle fibre di amianto», i lavoratori non sarebbe stati informati del rischio derivante dalla esposizione, mentre svolgevano le mansioni «di tubisti, saldatori, carpentieri e manutentori elettrici all’interno dello stabilimento, caratterizzato da un ambiente di lavoro unico, privo di compartimentazioni interne e determinante la commistione tra attività lavorative esponenti direttamente a materiali contenenti amianto e altre attività non direttamente coinvolte nella esposizione e senza adottare misure di prevenzione e protezione idonee».

Nel processo si erano costituiti parti civili il sindacato Cgil e i familiari degli operai deceduti dopo anni di esposizione all’amianto all’interno dell’azienda. Nel corso del dibattimento la società ha risarcito tutte le famiglie delle vittime, che hanno conseguentemente revocato le costituzioni di parte civile.

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