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Cassa Prestanza, i giudici: «la buonuscita è un diritto»

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Cassa Prestanza, i giudici: «la buonuscita è un diritto»

La Corte d’Appello ha accolto il ricorso di 2 ex dipendenti comunali

Venerdì 23 Giugno 2023, 11:14

BARI - «Non è sostenibile che l’incapienza del fondo giustifichi l’inadempimento». In questa sintetica frase è riassunta la motivazioni, ben più articolata, con la quale la Corte di Appello di Bari, sezione lavoro, ha accolto i ricorsi di due ex dipendenti del Comune di Bari alle quali era stato negato il premio di buonuscita perché Cassa Prestanza era rimasta a secco.

I giudici hanno così ribaltato le sentenze del Tribunale di primo grado che un anno fa aveva invece rigettato il ricorso, «non potendosi condividere l’affermazione - spiega la Corte d’Appello - secondo cui dalle norme dello Statuto della Cassa si desumerebbe che i dipendenti iscritti alla medesima non hanno un diritto incondizionato a ricevere le prestazioni e che le prestazioni possono essere erogate solo in caso di capienza del fondo speciale».

Capienza o no, quindi, alle due ex dipendenti ormai in pensione spetta la buonuscita, quantificata rispettivamente in 23mila e in 40mila euro. Cifre che Cassa Prestanza, attualmente in liquidazione, è stata ora condannata a pagare.

Nelle due sentenze gemelle i giudici, accogliendo gli appelli delle due ex dipendenti, assistite dagli avvocati Gennaro Paldera e Alvio Perosa, analizzano nel dettaglio gli articoli dello Statuto della Cassa Prestanza sulla base dei quali costruiscono il loro ragionamento. «Con specifico riguardo al premio di buonuscita - ricordano - l’art. 6 dello Statuto dispone: “La Cassa provvede alla concessione di un premio di buonuscita agli iscritti che cessano dal servizio con non meno di tre anni di iscrizione alla Cassa. Il premio va commisurato a metà dello stipendio o salario mensile lordo medio, in godimento negli ultimi dodici mesi di servizio per ogni anno di iscrizione alla Cassa”». Il successivo art. 7 specifica anche che «il premio di buonuscita spetta all’iscritto in tutti i casi in cui la forma di cessazione dal servizio comporta il diritto a conseguire dalla Cassa Pensioni per i Dipendenti degli Enti Locali la indennità o la pensione». Infine, l’art. 23 prevede «un fondo di riserva speciale nel quale sarà accantonata una percentuale delle entrate effettive annue della Cassa per la formazione delle disponibilità da erogarsi per i premi di buonuscita. Tale percentuale sarà determinata ogni triennio in relazione alla presunta situazione del personale che nel triennio successivo sarà collocato a riposo».

«A parere di questa Corte - si legge nella sentenza - , è evidente che le norme statutarie non condizionano affatto il diritto dei dipendenti iscritti al conseguimento delle prestazioni alla capienza del fondo speciale». Secondo i giudici «la previsione all’interno del bilancio di previsione di un “fondo speciale” nel quale accantonare una parte delle entrate ha il fine di istituire una “riserva” di risorse finanziarie volta alla realizzazione di uno scopo statutario specifico, sul presupposto - implicito, ma evidente - di creare un vincolo di destinazione delle somme ivi riversate diretto a garantire le disponibilità necessarie all’erogazione di una prestazione considerata di peculiare rilievo. Essa, però, non autorizza in alcun modo a ritenere che, esaurito quel fondo speciale, la Cassa possa sottrarsi all’adempimento dell’obbligo di liquidare il premio maturato dall’iscritto. Non ha quindi consistenza la tesi secondo cui l’impossibilità di procedere alla corresponsione del premio giustifica l’inadempimento».

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