BARI - Non è una storia di panni stesi male o di classiche liti condominiali per il posto auto, i cattivi odori o la pulizia degli spazi comuni. Né una di quelle che spesso si sentono nei tribunali della tv. È, purtroppo, una storia che porta indietro nel tempo, al più becero dei pregiudizi nei confronti del Sud e della sua gente. Con frasi del tipo «tornatavene nel Meridione», «tornatevene nella vostra “Beri”». Facile poi immaginare i vari epiteti da non ripetere per «mero pudore». E se la propria città viene «ingiustamente sfregiata nel nome» e sentirlo ripetere ogni volta è «devastante», allora bisogna necessariamente farlo sapere al suo primo cittadino.
Nei giorni di San Nicola un postino (virtuale) ha bussato alla porta del sindaco Antonio Decaro con la mail accorata di una 50enne barese, residente da 22 anni a Cremona. La donna, suo marito e sua figlia, dicono di essere oggetto di continue discriminazioni e atti persecutori da parte di una vicina di casa e proprietaria dello stabile in cui vivono. Per la sola colpa, a loro dire, di essere meridionali, pur pagando regolarmente l’affitto e rispettando ogni tipo di dovere e di collaborazione condominiale.
Una vicenda, regolarmente denunciata in Procura, che il prossimo 7 luglio finirà nell’aula di un tribunale, lì in Lombardia, per l’inizio del processo.
E che questa donna emigrata al Nord e «fiera di essere di Bari» ha voluto rendere pubblica al suo Comune d’origine perché «la mia città è incantevole e non merita tutto questo atteggiamento sprezzante», perché il Sud Italia «ha bellezze incantevoli, storia, cultura» ed «un’innata accoglienza e umanità».
Chissà che Decaro non faccia un colpo di telefono a Cremona, anche solo per ribadire che si pronuncia «Bari» e non «Beri».