BARI - La lotta alla mafia continua, e anzi riparte, dai più piccoli e da una periferia. E così per una intera mattinata i giovani studenti delle terze medie del quartiere San Paolo hanno fatto domande sulla mafia a una platea di autorevoli interlocutori, mettendoli anche in difficoltà su alcuni quesiti, in apparenza banali ma la cui risposta è difficile anche per gli addetti ai lavori: come si sconfigge la mafia? E chi è un mafioso? Domande alle quali ha risposto, tra gli altri, il procuratore Roberto Rossi. «Il mafioso - ha detto - è chi usando violenza o minacciando di violenza può incutere timore. La mafia si sconfigge non avendo più paura». Un alunno allora gli ha chiesto «perché Matteo Messina Denaro è stato arrestato senza manette?». «Perché non faceva più paura» la risposta.
Il nome del boss siciliano arrestato alcuni giorni fa dopo trent’anni di latitanza è stato ricorrente nelle domande dei ragazzi, nell’incontro dal titolo «L’antimafia sociale in Puglia» nell’auditorium della Casa delle Culture, organizzato dal Municipio III in collaborazione con Libera. Nel pubblico anche alcuni famigliari di vittime di mafia. Una iniziativa che rientra in un percorso avviato quasi un anno fa con l’intitolazione di un giardino a Maria Colangiuli, vittima innocente di mafia, uccisa da un proiettile vagante il 7 giugno 2000. «Spesso - ha detto il presidente del Municipio Nicola Schingaro - le periferie di marginalità possono essere terreno fertile per le mafie. E allora dobbiamo costruire un ambientale culturale capace di resistere alle logiche del proselitismo mafioso. Non possiamo arretrare di un solo passo e dobbiamo partire dai giovani, che sono il presente e il futuro di questo territorio».
A rompere il ghiaccio il sindaco Antonio Decaro. «Siamo qui per evitare che qualcuno nella nostra città possa diventare come Matteo Messina Denaro» ha esordito, raccontando un recente aneddoto. Qualche anno fa il sindaco ha denunciato e fatto arrestare i tre autori di una tentata estorsione all’imprenditore che stava allestendo l’albero di Natale in piazza Ferrarese. Qualche tempo dopo, durante una visita nell’istituto penitenziario minorile della città, «un ragazzo mi disse “io sono di Bari vecchia, ho fatto una estorsione, io sono quello dell’albero di Natale. Volevo chiedere scusa”. Quel ragazzo aveva 16 anni e per me - ha spiegato il sindaco - non era più solo un nome ma un volto con una storia, la storia di un ragazzo che non aveva conosciuto il padre, che aveva avuto come modello uno zio delinquente. E allora mi sono chiesto: io, sindaco, che dovrei essere la guida della comunità, cosa ho fatto per questo ragazzo? Perché se uno delinque a quell’età la colpa è anche nostra, della società».
Alle sue parole hanno fatto eco quelle del presidente Michele Emiliano. «Oggi siamo la Regione che investe più soldi, quasi 30 milioni di euro, in antimafia sociale, e partendo dal San Paolo dobbiamo costruire un modello». Quindi le domande dei ragazzi, dal fascino di serie dedicate alla mafia come Gomorra, al ruolo della scuola pubblica per diffondere i valori della legalità. Il procuratore di Taranto, Eugenia Pontassuglia, ex pm Antimafia a Bari ha invitato i ragazzi a riflettere sul «messaggio» che viene fuori dalle fiction sulla mafia: «Cosa affascina di Gomorra? L’immagine del boss, del capo mafia, la loro ricchezza, che però rappresentano la cattiveria, la violenza. È importante che iniziamo ad essere educati alla visione di queste fiction, e recepirle in modo corretto. La cattiveria che esprimono non può essere un modello. Bene che si facciano queste fiction per farci conoscere quel mondo, però dobbiamo essere capaci di vederlo e contrastarlo».
Il magistrato Giuseppe Gatti della Direzione nazionale antimafia, per rispondere a una delle domande ha raccontato una storia vera: «Un ragazzo di Bari si trova nei guai. Noi lo cerchiamo per salvarlo e dopo qualche giorno lui viene da noi e dice: “voglio collaborare con la giustizia, voglio abbandonare il mio clan”. Mentre si nascondeva era andato a trovare il suo maestro delle elementari. Dopo aveva deciso di cambiare vita. Questo è il ruolo della scuola pubblica». Nel dibattito sono poi intervenuti anche il presidente onorario della fondazione nazionale Caponnetto Giuseppe Antoci, l’onorevole Marco Lacarra, Paolo Siani (da remoto), fratello del giornalista Giancarlo ucciso dalla Camorra.