BARI - L’incontro di domani previsto in Task force regionale per la vertenza Baritech non si terrà. Le imprese che avevano mostrato un interesse a rilevare stabilimento e lavoratori stanno preparando una dettagliata risposta ad una pec mandata da Baritech che chiedeva maggiori chiarimenti. Una sorta di replica visto che Baritech durante l'ultimo incontro avuto il 25 ottobre in Regione aveva spiegato di aver ricevuto solo richieste «prive di un reale e concreto interesse a considerare l’operazione».
«Senza poter valutare il coinvolgimento da parte di questi gruppi imprenditoriali, l'incontro del 2 novembre non avrebbe alcun senso – spiegano i sindacati -. Su cosa si dovrebbe discutere? Avevamo previsto un sit in, chiesto le autorizzazioni, ma a questo punto meglio aspettare per avere ben chiari tutti gli aspetti della vicenda». E la vicenda può nascondere tante sfaccettature. Può essere che Baritech stia trattando sottobanco (come ipotizzano i lavoratori), magari decidendo di spezzettare lo stabilimento che si estende su circa 70mila metri quadri ed è composto dal capannone, la palazzina degli uffici e tutta la zona con gli alimentatori, oppure che semplicemente si stiano preparando meglio i progetti per mostrare le carte in questa partita di poker.
«Le risposte ci sono – spiegano i sindacati -. L'interesse c'è ed è stato messo nero su bianco. Solo che le aziende interessate vogliono incontrarsi con Baritech faccia a faccia e con queste feste di mezzo non si è riusciti ad organizzare un confronto. Stiamo parlando dello slittamento di solo qualche giorno. Poi ci sarà l'incontro in Task force. Questo è il momento di mostrare i nervi saldi, c'è ancora tempo per le trattative e anche per manifestare. Ci rendiamo conto che la preoccupazione dei 118 dipendenti cresce di ora in ora, ma si deve avere il quadro chiaro della situazione. Qualche giorno in più potrebbe servire a sciogliere gli ultimi dubbi». «La nostra fabbrica, lo stabilimento Osram fu costruito con contributi pubblici a inizio anni '70 – raccontano alcuni operai - e la multinazionale ne cedette la proprietà dopo 45 anni ad una sua azienda partner, la Ledvance. Abbiamo sempre lavorato senza risparmiarci, ma nello stesso tempo senza poter mettere bocca nei vari passaggi di mano. Poi nel 2019 ecco che la Ledvance a sua volta cede il titolo ad una società che dopo soli tre anni vuol vendere il sito per capitalizzare al massimo, facendo mera speculazione immobiliare senza preoccuparsi di mettere sul lastrico 118 lavoratori. Ma qualcuno che possa fermare questa spirale, c'è o non c'è? E' possibile che siano sempre i dipendenti a pagare? Noi manteniamo i nervi saldi, ma i nostri cuori sono in tumulto. Chi ci restituirà la nostra serenità?». Una domanda che aspetta risposta.