BARI - In principio furono i cacerolazos cileni. In piazza e per le strade con pentole e mestoli, rumorosi contro il governo di Allende. Da allora (erano gli anni tra il 1971-72) la cacerolazo, letteralmente «la casseruolata», è sempre stata simbolo popolare di chi non ce la fa più e dal Sud America e il default argentino del 2001, per non parlare della situazione venezuelana, ha attraversato gli oceani.
Ieri mattina le pentole hanno risuonato in piazza Prefettura tra le mani dei consumatori esasperati dai rincari, che rendono impossibile per molti arrivare a fine mese.
«E' il nostro modo per dire basta alle proteste da tastiera – spiega Michele Armenise dell'Unione nazionale consumatori -, ora siamo scesi in piazza per farci sentire sul serio».
Due cacerolazos di casa nostra battono incessanti le loro pentole. Cataldo ed Enzo arrivano da Taranto, tra le mani una pentola vuota e un cucchiaio di legno che sbattono ritmicamente. «Sono pensionato da 21 anni, lavoravo all'Inps – spiega Cataldo -. Qui aumenta tutto tranne che pensioni e stipendi. Ieri un chilo di fioroni al mercato costava 5 euro. Un chilo di riso è arrivato a due euro e 50 centesimi. Solo pochi mesi fa la stessa confezione la pagavo un euro e venti al supermercato». «E vogliamo parlare della luce e del gas? - Lo interrompe Enzo, mentre continua a battere sulla sua casseruola – A me il gas da 60 euro al mese, che pagavo, è arrivato a 180 euro». «Io vivo solo – ribatte Cataldo – per 4 mesi ho pagato una bolletta di gas di 129 euro, la luce è più che raddoppiata da 45 euro a quasi 100...». «Non si può andare avanti così. Non ce la facciamo – spiega Enzo –. E' arrivato il momento di aumentare le pensioni ma sul serio, non solo con il contributo di 200 euro che ci arriverà a luglio. Così non ce la possiamo fare. Servono adeguamenti reali, bisogna tornare alla contingenza, alla scala mobile». «E diminuire le accise sulla benzina», conclude Cataldo.
In piazza Prefettura ieri erano presenti almeno 13 associazioni di consumatori, tutte unite per quella che è stata definita la «Protesta delle pentole vuote», una iniziativa che è andata in scena in contemporanea in tutte le piazze d'Italia.
«E' la prima volta che dal 2005 , da quando c'è il Codice del consumo che finalmente abbiamo organizzato una manifestazione unitaria – commenta Michele Armenise – Oggi qui a Bari siamo 13 gruppi in rappresentanza delle 16 associazioni presenti nella Regione».
«Quelli che siamo vivendo non sono generici o temporanei aumenti dei prezzi – affermano le associazioni in una nota unitaria –, ma di una vera e propria corsa al rialzo, alimentata da ingiustificabili fenomeni speculativi, che sta costringendo le famiglie a rinunce e privazioni che avranno importanti conseguenze sull'intero sistema economico. In questo modo nel Paese crescono le disuguaglianze, tra povertà energetica ed alimentare».
La pentola vuota è simbolo della difficoltà, di famiglie che hanno difficoltà a mettere insieme un pranzo con la cena. «Ci arrivano tante telefonate di persone che piangono – raccontano alcuni presenti attivisti nelle associazioni consumatori -, ormai non riusciamo più a dare risposte. Le risposte devono essere governative. I pensionati che devono vivere con 600 euro al mese, i lavoratori che guadagnano a nero o sopravvivono solo con il reddito di cittadinanza, non possono più continuare in questa situazione».
«L'inflazione nel 2022 ha già raggiunto il 6,5% come non accadeva dai primi del '90 – sottolineano alcuni presenti -, per non parlare del riflesso che tutto questo avrà su mutui e prestiti. Abbiamo presentato già dal 6 aprile un pacchetto di misure ed interventi urgenti. Noi abbiamo il polso della situazione e la realtà è durissima. I livelli di povertà estrema si stanno allargando a dismisura e non si possono più ignorare».
Le pentole sbattute risuonano nella piazza. E il pensiero corre alle realtà sudamericane con pochi ricchissimi da una parte e la gran massa di poveri dall'altra. Annichilita quella che era la classe media impiegatizia su cui l'Italia affondava le sue radici economiche. Il rischio è reale e il rimbombo del metallo lo rende ancora più pressante.
«Vogliamo risposte – sottolineano alcuni presenti -. Anzi no, le pretendiamo. Altrimenti qui salta tutto».