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Bari, «Petruzzelli, l’esproprio è una ipotesi»

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

Teatro Petruzzelli, corso Cavour 12 Bari

Indiscrezione del Comune: «Si potrebbe attivare se la proprietà restasse ai privati»

Domenica 17 Aprile 2022, 11:39

Dalla «inagibilità» urbanistica, al mancato accatastamento. Dal contenzioso sull’Imu, alla proprietà. I nodi da sciogliere sul teatro Petruzzelli sono numerosi. Scaduti i 90 giorni entro i quali il Comune aveva intimato ai proprietari di accatastare l’immobile, quella attuale è una fase di quiete apparente. Fatta eccezione per le novità emerse dopo le due sentenze con le quali la Corte d’Appello ha dichiarato inefficace il protocollo sulla ricostruzione, i cui ingenti costi sono stati ora ribaltati sulla famiglia Messeni, e ha stabilito che la proprietà è privata. Intanto, è emerso che nessuno ha mai chiesto l’agibilità urbanistica. Il politeama, funzionante da 12 anni, per il catasto è una «unità collabente», ovvero un rudere. Tutto questo per il Comune non ha però alcuna conseguenza pratica: a distanza di qualche mese dalle ultime roventi polemiche, Palazzo di Città fa trapelare il suo punto di vista su uno dei dossier più scottanti sulla scrivania del sindaco Decaro.

Il Comune ricorda innanzitutto come la ricostruzione venne realizzata da un Commissario nominato dalla Presidenza del Consiglio. Per quella tipologia di opere l’agibilità urbanistica - è la tesi - era assorbita dal collaudo tecnico-amministrativo. Peraltro, «la conformità delle opere al progetto, attestata dal collaudo, è stata riconosciuta dall’agibilità ai fini del pubblico spettacolo». Il ragionamento è: nessun nodo doppia agibilità, con quella urbanistica (mancante) derubricata a «una delle tante “trovate mediatiche” che servono più a cercare di gettare una cattiva luce sull’operato degli enti pubblici che a fare una ricerca di verità». «L’unica verità storica è che il teatro più importante della città distrutto da un incendio è stato ricostruito non dai privati ma dalla parte pubblica. Se oggi funziona e produce cultura lo si deve a chi lo ha ricostruito a spese della comunità», chiosa sul punto il Comune.

Anche l’accatastamento, a detta dell’Amministrazione, sarebbe un falso problema. «Le variazioni catastali così come i nuovi accatastamenti - fanno sapere da Palazzo di Città - possono essere richiesti solo dai soggetti che risultino proprietari presso la Conservatoria dei Registri immobiliari. Il Comune di Bari sostiene la proprietà pubblica del teatro, ma non lo è formalmente presso la Conservatoria. È una questione tecnica, probabilmente non intuitiva per i non addetti ai lavori, ma certamente non per gli eredi. Per tale ragione anche questa polemica è strumentale. Fino a quando il giudizio sulla proprietà non si concluderà positivamente per il Comune, lo stesso non potrà procedere materialmente alle variazioni catastali».

Veniamo all’ultimo contenzioso, quello tributario. Il Comune ha chiesto solo di recente l’Imu dal 2016 (per gli anni precedenti è ormai tutto prescritto). Secondo Palazzo di Città, ciò non significa accettare il verdetto sulla proprietà. «Il Comune ha il dovere, nel momento in cui viene emessa una sentenza pur non definitiva sulla proprietà privata, di richiedere il pagamento dell’Imu a chi risulti proprietario in virtù della sentenza non definitiva. Non lo ha fatto prima di allora perché i giudizi nulla avevano detto sulla proprietà. In quella fase in cui si fronteggiavano due tesi opposte sarebbe stato contraddittorio richiedere l’Imu e contemporaneamente sostenere di essere proprietari. Oggi vi è una sentenza e anche solo per la necessità di interrompere la prescrizione il Comune è tenuto a richiedere il pagamento delle imposte. Questo non costituisce un riconoscimento della proprietà perché nella richiesta di pagamento dell’Imu è espressamente fatta salva la possibilità che i giudizi abbiano un esito favorevole al Comune.

Quanto al pasticcio della delibera del Consiglio comunale del 2010 con la quale in autotutela si disconosceva il protocollo sulla ricostruzione, atto che i giudici hanno stabilito da solo non sufficiente per autoproclamarsi proprietari, l’attuale Amministrazione non ha nulla da rimproverare alla precedente. «Questa Amministrazione ha sostenuto, sostiene e sosterrà la correttezza dell’operato della precedente Amministrazione. Ne sono prova tutti gli atti di causa. La continuità è anzitutto sulla profonda, irreversibile critica in ordine alla validità, oltre che sulla opportunità politica e erariale, del protocollo di Intesa del 2002. Quel protocollo costituì un grave cedimento di fronte alla posizione di rendita della proprietà privata. Serviva solo a mettere a carico della parte pubblica la responsabilità della ricostruzione e a garantire incredibilmente agli eredi un canone concessorio quintuplicato rispetto al precedente contratto di fitto privato. Ma sul punto fortunatamente la Corte d’Appello è intervenuta con una sentenza di assoluta limpidezza». Allo stato non sembra ci siano molti margini per un dialogo. «A chi chiede di abbandonare i pregiudizi, il Comune risponde di non avere pregiudizi. Meglio sarebbe - come sempre ha detto il sindaco - partire dai “giudizi”. Quando gli eredi si dichiareranno pronti a rimborsare lo Stato e, attraverso questi, Comune, Città Metropolitana e Regione, delle spese sostenute per la ricostruzione sarà più chiaro che il confronto, che qualcuno a parole chiede, sia vero e non un bluff».

Per Palazzo di Città non si può escludere un esproprio. «La normativa vigente - il codice Urbani - affida questa competenza allo Stato, in particolare al ministero della Cultura. Il Comune non esclude che questa, in caso di esito sfavorevole della vertenza sulla proprietà, possa essere una possibilità da considerare. In questi casi la legge permette anche una eventuale conclusione condivisa con gli eredi Petruzzelli di tale procedimento».

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