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Melchiorre: «Io, al confine con la Polonia tra gli sguardi persi dei bimbi ucraini»

 
Filippo Melchiorre*

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Filippo Melchiorre*

Melchiorre: «Io, al confine con la Polonia tra gli sguardi persi dei bimbi ucraini»

«Nei loro occhi ti sembra di leggere sempre quella speranza che tutto si può ricostruire»

Giovedì 31 Marzo 2022, 07:00

I volti dei bambini sono la fotografia più dolorosa del male che provoca una guerra. Loro non capiscono le ragioni economiche, politiche, militari che si celano dietro un conflitto. Si trovano da un giorno all’altro a dover lasciare in fretta la propria casa, i propri affetti, la scuola, gli amici, i giocattoli, la quotidianità. Li vedi spaesati per mano alle loro mamme o nonne e, a volte, anche da soli.

Eppure, nei loro occhi ti sembra di leggere sempre quella speranza che tutto si può ricostruire, che la vita ricomincia, che si può giocare a pallone anche sul cortile del centro di accoglienza al confine con l’Ucraina tra i poliziotti armati fino ai denti e le sirene che da lontano annunciano, in quello stesso momento, le bombe sulla vicina Leopoli: è “l’avvertimento” della Russia al presidente americano Biden in visita in quelle ore a Varsavia.

È il 27 marzo, una domenica quasi primaverile in Polonia, nelle vicinanze del valico di frontiera Korczowa. Sono lì con la delegazione di 15 volontari che hanno preso parte alla missione umanitaria «Solidarietà all’Ucraina» organizzata dalla Fondazione Alleanza Nazionale per consegnare beni di prima necessità, ma anche per portare in Italia profughi in fuga dalla guerra.

Sentiamo anche noi quel suono freddo e agghiacciante delle sirene a cui fa seguito un fuggi, fuggi generale. Siamo partiti da Roma venerdì 25 marzo con tre pullman e dopo oltre 1800 km siamo arrivati nel campo profughi di Hala Kijowska, allestito in un ex centro commerciale. Ci ha accolto la governatrice della Regione polacca di Podkarpackie a cui abbiamo donato aiuti per oltre 60.000 euro di valore: medicinali, coperte, alimenti ed anche 5 defibrillatori consegnati ai rappresentanti di una Ong ucraina che sono stati immediatamente portati nella vicina città di Leopoli. La fase più delicata della missione è stata la presa in carico dei profughi. Un lavoro complesso di coordinamento con altre missioni in partenza verso altre zone dell’Italia per permettere aquesta gente di scegliere la destinazione preferita.

Nel campo profughi ci siamo trovati in mezzo al flusso di donne, anziani e bambini in fuga. Sono andati via dalle loro case, dalle loro città, portando dietro l'essenziale: una valigia, una coperta, un peluche per i più piccoli ed anche animali domestici. In fuga dalle bombe non hanno dimenticato, infatti, i loro cani e gatti al guinzaglio o in un trasportino, sono parte della loro famiglia a tutti gli effetti. Perderli significa vivere un altro dramma in una situazione già disperata. Qui le ong offrono supporto sanitario, uno spazio per bambini, le sale per le donne con i neonati che devono allattare, e tanti punti di ristoro. La macchina dell’accoglienza funziona, ma loro vogliono tornare nelle loro case, dove hanno lasciato mariti, i padri dei loro figli rimasti in Ucraina, a combattere. L’unico collegamento resta il cellulare da cui fanno continuamente videochiamate ai loro cari, e si tengono aggiornati sulle notizie che arrivano dal fronte di guerra. Alla fine sono saliti sui nostri pullman 24 donne, 19 bambini, 3 neonati e 3 uomini anziani ed anche due cani e un gatto. Altri 1800 km e più di 24 ore di viaggio verso l’Italia. Tante tappe anche nel cuore della notte perché con donne e bambini a bordo è necessario fermarsi più spesso. Abbiamo parlato con molti di loro, ci siamo scambiati i numeri di telefono, intrattenuto i bambini, giocato a carte.

Siamo arrivati lunedì pomeriggio a Roma. I profughi sono stati presi in carico dalla Protezione civile del Lazio nell’hub della Stazione Termini. Ora saranno smistati nei centri di prima accoglienza, salvo chi ha già un luogo di destinazione presso amici e parenti. Si avviano verso una parvenza di vita normale, lontano dalla guerra e dalle bombe, ma anche lontano dai propri cari e dalla propria terra. E non sanno ancora per quanto tempo.

*consigliere comunale di Bari

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