BARI - Fatture per operazioni inesistenti per un valore da 107 milioni di euro in due anni. Bonifici veri a fronte di operazioni fittizie. Contanti, tanti, che rientravano a fronte di altre fatture, regolarmente false. Un flusso finanziario da capogiro, con ricavi illeciti da 18 milioni di euro. Non è più solo una ipotesi investigativa, ma è quanto ha stabilito la prima sezione penale del Tribunale di Bari che ha condannato 15 persone a pene comprese tra 5 anni e quattro mesi, e 1 anno. Tra loro un commercialista, un avvocato, imprenditori e alcuni presunti prestanome. Il blitz scattò nel 2017.
Associazione per delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, alla dichiarazione infedele e all’omessa dichiarazione ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, all’occultamento e alla distruzione di documenti contabili e simulazione di reato, sono le accuse contestate a vario titolo. Le pene più alte sono state inflitte al commercialista Giovanni Antonio D’Elia (5 anni e 4 mesi), a Mario Melacarne (5 anni e un mese), Giuseppe e Domenico Cardone (rispettivamente 4 anni e 4 mesi e tre anni e sei mesi), e l’avvocato barese Fabio Casalini (tre anni). Le pene ammontano complessivamente a 38 anni.
Nel mirino dei finanzieri erano finite presunte fatture per operazioni inesistenti nei confronti della Miti srl e della Stimac srl, società attive nel settore della produzione di manufatti in cemento per le reti ferroviarie, ad opera di società compiacenti come la Phone Global Service che si occupava di «la fittizia cessione di ricariche telefoniche e cellulari». C’erano poi alcune società «cartiere» esistenti appunto solo sulla carta, e che avevano sì e no una sede. Le consegne di denaro erano state monitorate «in diretta» grazie alle intercettazioni.
Ai vertici della presunta organizzazione ci sarebbero Giuseppe e Domenico Cardone, soci/amministratori di Stimac srl, Mario Melacarne socio/amministratore di Phone Global Service srl, D’Elia, commercialista di Triggiano, e l’avvocato Casalini. Proprio quest’ultimo, già coinvolto in passato in altre indagini su presunte truffe ai danni delle compagnie di assicurazioni, è ritenuto una delle «menti» della presunta frode fiscale. Casalini, in lunghi interrogatori, ha poi collaborato con gli inquirenti, svelando retroscena e architettura del complesso meccanismo che ruotava intorno a otto società, alcune «fantasma».
L’enorme flusso di contanti che spesso viaggiava in auto, custodito all’interno di cartelline colorate, sarebbe stato in parte intascato dai presunti componenti dell’associazione, e in altra parte destinato alle relative attività imprenditoriali per pagamenti in nero di lavoratori e fornitori.
Dalla Romania alla Repubblica Ceca; da Francoforte a Tallinn. Sino, soprattutto, a Malta, l’isola del Mediterraneo già comparsa in altre inchieste come sede di opache società off-shore. Una fetta importante della possibile mega-frode fiscale milionaria scoperta dalla Guardia di finanza, finiva proprio qui. A coordinare l’inchiesta dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria, il pm Francesco Bretone (oggi sostituto procuratore generale). Il collegio della prima sezione penale presieduto da Rosa Calia di Pinto ha anche condannato gli imputati all’interdizione di un anno. Inoltre, non potranno mai far parte di una commissione tributaria. Inoltre dovranno risarcire l’Agenzia delle Entrate, parte civile nel processo.