BARI - Manca uno studio sulla fattibilità urbanistica dell’intervento. La zona dove sorgono le casermette Milano e Capozzi è destinata a verde, non si possono realizzare uffici giudiziari. Peraltro in un quartiere, Carrassi, che di per sé già soffoca, privo com’è di parchi e giardini (fatta eccezione per largo 2 Giugno), circa 500mila metri cubi di volumetria rappresenterebbero il colpo di grazia. Si snoda sostanzialmente intorno a queste tre direttrici il ricorso al Tar per la Puglia presentato dal comitato di scopo «Per un parco verde di quartiere alle ex casermette Milano e Capozzi» e da un gruppo di cittadini con il quale si impugnano tutte le procedure per realizzare il Parco della Giustizia. Una tesi di parte, sia chiaro, sulla quale il Tar si dovrà esprimere.
Il Comitato, assistito dall’avvocato Fabrizio Lofoco (Alfa Legal), chiede in particolare l’annullamento «previa sospensiva» del concorso di progettazione del 7 febbraio scorso; dei protocolli d’intesa del 25 gennaio 2018 e 30 luglio 2019; della convenzione del 1° ottobre 2020. Che si individui «altra e idonea area per la costruzione del Parco della Giustizia», tenendo conto della superficie necessaria a realizzarla, della viabilità, della tutela della qualità dell’ambiente, dell’aria e della salute pubblica, della qualificazione urbanistica e degli standard di legge. Questa è in sintesi la richiesta. Tra i firmatari ci sono anche l’ex senatore di An Ettore Bucciero, l’ex consigliere comunale Donato Cippone, il sociologo ed ex esponente di Sel Leonardo Palmisano. Il rappresentante legale del Comitato è Leonardo Scorza.
Il Comitato, al momento costituito non da tantissimi cittadini (ma ritiene di fare ben presto molti proseliti non solo nel quartiere) ne ha per tutti e chiama in causa Agenzia del Demanio, presidenza del Consiglio, ministeri dell’Economia, delle Infrastrutture, dello Sviluppo economico, della Giustizia. E ancora, Commissario straordinario per la realizzazione dell’opera, sindaco e ripartizione urbanistica del Comune e Commissione permanente della Corte d’Appello.
Secondo i ricorrenti il progetto per realizzare nelle aree delle ex casermette il futuro Parco della Giustizia è anche «assolutamente inutile, oltreché dispendioso». Nel ricorso viene ricostruito il lungo iter amministrativo a partire dalla delibera del 16 dicembre 2014 con il quale l’allora Commissione di manutenzione della Corte d’Appello di Bari ha «incautamente deciso» la realizzazione del nuovo Parco della giustizia nelle ex caserme. Il nodo giuridico principale è rappresentato dalla presunta violazione degli indici inderogabili per garantire un minimo di verde nel quartiere, in base al piano regolatore Quaroni (correva l’anno 1976), pari a 11 metri quadri per abitante. Bene, in base al piano regolatore, nel quartiere Carrassi è previsto un «cuneo verde» di circa 40 ettari. La tesi del Comitato è che con il parco della Giustizia lì dove sono previste aree verdi, sarebbe negate ai residenti la quantità minima, considerando che già ora si registra una «esigua e insignificante quantità di verde di quartiere», pari a meno 2 metri quadri per abitante.
Passi (e neanche tanto) il park&ride in via della Costituente che avrebbe sottratto ben 11 ettari. Ma una grande cittadella giudiziaria da 4-500mila metri cubi con annesso aumento di traffico di oltre 3mila auto al giorno, quantifica il Comitato, con conseguente inquinamento atmosferico, proprio no. Insomma, conti alla mano 14 ettari per il parco della Giustizia più 11 ettari di aree «inficiate», uguale 25 ettari di aree libere da attrezzare a verde. Violate le norme urbanistiche.
E c’è anche la richiesta di risarcimento nei confronti di tutte le amministrazioni statali e locali che si sono interessate della vicenda Parco della Giustizia «senza interrogarsi sulle vicende di un popoloso quartiere». Infine, il nodo urbanistico. A detta dei ricorrenti non si possono realizzare uffici giudiziari su aree destinate a verde, fra tutti i servizi della residenza, quello «primario». Per non parlare della viabilità già oggi «insufficiente e precaria» al punto da dovere prevedere un nuovo grande svincolo sulla futura tangenziale per accedere al Parco.
Da ultimo, con riferimento all’istanza risarcitoria, il Comitato di quartiere contesta la spesa di 5,1 milioni di euro per i «premi» da assegnare ai primi sei classificati. Ultimo tassello di un «notevole dispendio di risorse economiche in danno dell’intera collettività». Anche di qui la richiesta al Tar di «sospendere immediatamente» gli atti impugnati a tutela dei cittadini del quartiere.
Sin qui i ricorrenti. Spetterà naturalmente ai giudici amministrativi valutare le ragioni tecniche e giuridiche dell’istanza. Intanto c’è da capire come e se questa iniziativa potrà incidere sui tempi del progetto. Il codice degli appalti prevede un rito accelerato che consentirà una rapida decisione della causa, entro 3 mesi.