BARI - Il cielo è blu, ma negli occhi dei lavoratori fuori dai cancelli della Bosch ci sono le nuvole e uno spettro che si aggira: la paura che la loro crisi, così come le tante altre vertenze in ballo tra Bari e provincia, si trasformi in una replica simile a quanto accaduto alla ex Om Carrelli, entrata nell'undicesimo anno senza ancora una soluzione concreta per i 136 lavoratori al momento anche senza ammortizzatori sociali. «Siamo qui per difendere il nostro posto di lavoro – dicono alcuni operai -, sembrerà retorica, ma ora abbiamo veramente paura».
Nel novembre del 2019 ci fu un'altra grande mobilitazione fuori dallo stabilimento. Già allora l'azienda aveva paventato 620 esuberi, il sistema automotive incominciava a scricchiolare. «Da tre anni fa ad oggi è cambiato che gli esuberi sono diventati 700 e che ci hanno marchiato in fronte la data di scadenza del 2035 – sottolineano un gruppo di lavoratori in presidio – ma non abbiamo visto alcun passo in avanti, non un piano industriale, non un progetto serio che ci faccia sperare nel cambiamento». «Anzi quello che si vede è che ogni tanto con varie scuse spariscono linee di produzione», dice un altro.
Lo sciopero di ieri è stata una mobilitazione compatta. Nessuno è entrato. Una astensione massiccia che è segno di forte unità tra lavoratori e sindacati. E di solidarietà: fuori c'erano gruppi anche di altre aziende, la Baritech (ex Osram) che rischia la definitiva chiusura, la Magneti Marelli. «Facciamo due conti così alla buona. 700 lavoratori con un reddito medio di 30mila euro annuo sono una perdita di 21 milioni per il territorio, che significano meno acquisti, meno spese per tutto. Non sarebbe sostenibile. E non prendo in considerazione l'indotto». Alla riflessione di matematica spicciola di Giuseppe Boccuzzi, segretario generale Cisl Bari, fa eco il sindaco Antonio Decaro arrivando fuori dai cancelli: «Non possiamo permettere il licenziamento di tante unità. Non potremo mai riassorbirli. Cosa faccio creo 100 ristoranti?».
Su una cosa sono tutti d'accordo: la transizione ecologica è indispensabile ma va ben guidata. «I lavoratori sono pronti al cambiamento – conferma Riccardo Falcetta Uilm – ma si deve controllare bene il tutto, altrimenti sarà l'intero sistema dell'automotive a rischio collasso». «E soprattutto i finanziamenti devono diventare investimenti per la riqualificazione dei lavoratori» fa eco Donato Pascazio Fim Cisl. «Oggi sono qui fuori dai cancelli Bosch perché il Comune non si può nascondere dinanzi ad un problema così grosso – spiega Decaro -. Faremo pressione sulla Bosch per capire quale è il suo piano industriale, punto di partenza indispensabile per qualsiasi strategia futura. In ballo oltre alla Bosch c'è anche la ex Getrag che produce cambi per le auto ibride. La Bosch come multinazionale non è in crisi, se non nella produzione legata all'automotive, in questi anni ha preso tanto dal nostro territorio con il quale ha un debito di riconoscenza. Tra qualche giorno ci sarà un tavolo al Mise per analizzare la situazione nel suo complesso, non solo su Bari, e abbiamo già avviato un tavolo locale tra sindacati, Politecnico e Regione per puntare ad avviare su Bari un centro di ricerca sull'automotive e la sua necessaria transizione. Al momento la zona industriale sta vivendo un paradosso: ci sono aziende che si vogliono insediare e non trovano spazi e altre che vogliono ridimensionare. Il nodo per non far inceppare il sistema è la formazione dei lavoratori, per dare risposte ad entrambe le parti». Poco distante un operaio ascolta in silenzio. «Io oggi sono qui perché devo difendere il futuro di mio figlio. E' il suo compleanno oggi, compie 5 anni, e stamattina sono uscito che ancora dormiva e non gli ho neanche fatto di auguri. Tutti noi dobbiamo riprenderci la nostra dignità, perché è vitale. E il lavoro è la nostra dignità».