BARI - Lungo via Melo sono passati innumerevoli passi ma sono andati tutti perduti. Una folla di suole svanita giù verso l’eleganza di corso Vittorio. È fra le strade nobili del Murattiano disegnato con compasso massonico. È raro incontrare topini cowboy con le Peroni nelle fondine e il tuzzo pronto. Questo significa che se risiedi qui, chiacchierando a un party in villa a Bitonto, puoi lasciar cadere la frase, «ti sconsiglio di trasferirti in centro a Bari, bello ma caotico, abito in via Melo da vent’anni», e tirartela un poco. E se sei anche proprietario di un buco commerciale nel quale entrano a stento i piedini di un cittadino di Lilliput, puoi sguainare i canini e strozzinare un fracco di soldi, piegando il negoziante all’affitto che lo ridurrà sotto i ponti.
Melo da Bari fue (arcaismo inutile che significa fu) il primo capo della rivolta contro i bizantini in Puglia. Non lo sapevo prima di copiarlo da Wikipedia come non lo sapevate voi. Ciucci. La zona ricade nel cap 70121, ma anche di questo suppongo vi impipi poco. È importante apprendere invece che, camminando lungo i marciapiedi sconnessi, talvolta maculati di deiezioni di jack russell stupidi, è facile inciampare in qualche avvocato che schizza trafelato dallo studio. A Bari, lo sapete, sono milioni. Ma questo discorso vale per il centro fichetto tutto.
Beh, allora, che stavo dicendo..? Mi sono dimenticato… Ah sì, allora: via Melo incomincia in zona stazione, un po’ decadente come ogni scalo ferroviario. Sulla sinistra potete osservare (‘sta frase è un po’ da guida turistica, vabbè) un orinatoio pubblico, o verso i portici, ad uso di infelici giunti da altri mondi (negroni superdotati e musi gialli armati di scimitarre, questo tanto per venire denunciati per istigazione all’odio razziale o arrestati tosto). A destra l’ingresso del liceo Scacchi, uno dei tre migliori istituti negli anni buoni, nel quale insegnò Ernesto De Martino, studioso napoletano passato alla storia anche per le ricerche sul tarantismo, che purtroppo poi ci hanno portato inesorabilmente alla pizzica zinghe e zanghe che dilaga ovunque. Non se lo era mai filato nessuno, finché – ecco, mirate un po’ più su - l’associazione culturale Maylab fece apporre una targa all’ingresso della scuola, 9 maggio 2015, cinquantenario della morte.
Proseguendo c’è il colorato locale Arnold’s, americanissimo, Anni 50, Happy Days dop, inservienti vestite di pois sognanti, reperti rari di un sorriso a stelle e a strisce che non è tornato più. Svariati negozi di orientali in fotocopia, vincenti nuovi, nuovi padroni.
Eh, adesso sì che iniziamo a ragionare. Non soltanto per i taratuffi succosi nella pescheria di Mimmo, ometto bruno e verace, ma soprattutto per il negozio che ha fatto la storia di ogni arrapato, cioè d’ogni homo. Il sexy shop Le Pon Pon, primo a Bari, primo in Puglia, mito del mondo, tutti in ginocchio, prosternatevi dianzi alle videocassette porno che furono, agli aggeggi vibranti anni Ottanta gnic-gnic, alla biancheria cicciolinosa (da Cicciolina). Pionieri, maestri: tutto. La cittade vi onora.
Ancora un po’ e sono cavoli tuoi. Novantanove chili di barista, Massimo, del frequentatissimo Mozart, ti prenderanno al laccio del «buongiornooo!», richiamo ossessivo compulsivo gridato dall’omone, e sorbirai il caffettino anche se non vuoi. Di fronte c’è monsignor Raphael, negozio storico d’abbigliamento e di gusto. Peccato che non produca più le camicie fresche a manica corta, così rare e comode. L’isolato seguente è Feltrinelli, e questo è un altro discorso.
Feltrinelli è un contenitore di varie cose: tazze da tè o altro beverone, tappetini per la casa, matite e pennucce, libri, anche, compresa una Bibbia e una copia de Il giovane Holden della cui vecchiaia non s’è mai fregato nessuno, una Divina Commedia, anche se tra i gruppi Facebook Dante è in discesa in quanto i critici digitali dicono che scrive maluccio, una cascata multicolore di volumi per bambini, un parco giochi nel quale è permesso giocare a staccio, camminamenti con dischi impolverati quanto la cultura decaduta. Schieramenti luccicanti di volumi sui fiori, affiancati da guanti per giardinaggio tempestati di coccinelle e api operaie. C’è pure un bar, comodo e buono come del resto tutto, salotti ove poggiare il deretano di bertuccia, o scosciarsi sfogliando un Bauman decotto.
Segnaliamo al visitatore i volumi ciclopici del reparto Moda, però i mascara allegati non li vendono ancora.
All’interno della Feltrinelli si consumano presentazioni di libri, tristucce come in ogni altro luogo. Brevi pause, in fondo, nell’attesa del Fedez o della Ferragni gattamorta di turno, o del trapper tufo che trasforma un sacrario di carta in orgia oceanica di analfabeti della musica. All’ingresso invece nelle mattinate di sole si usava far capannello menandosela su vari autori, da Pindaro al tuo idraulico, perché ha pubblicato pure lui. C’erano anche dei cinefili stretti in drappello stracolto. Poi ognuno rientrava a casa a guardare video porno.
Via Melo è serena. Sulla destra puoi visitare il covo ligneo odoroso di pellami De Astis, nel quale Danilo, bonario Hulk giammai verdognolo, si aggira scrollando muscoli da pallanuotista duro.
Se non sei un morto di fame che sbaglia i congiuntivi e verrebbe pertanto scacciato dai salotti della sinistra chic come un infettivo a colpi di scamorza, puoi pure acquistare qualcosa da Numeri Primi, supermercato di qualità. Più avanti si allungano le vetrine di Mimma Ninni, perché è arte anche la moda donna, Quadra, con scarpe del valore di una cornea, altre attività (non mi azzardo a citarle perché da un giorno all’altro a Bari, tra fallimenti e chiusure disastrose, trovi insegne che con le vecchie non c’entrano nulla, da cui una gioielleria si trasforma in rivendita di lupini all’ingrosso).
Superi il Glamour caffè frequentato da giovani sessantenni vitelloni, finché, lemme lemme, ti fermi davanti a una vetrina piccola stipata di cose. Volgi gli occhi al cielo e l’insegna Mercoledisanto ti si pianta negli occhi. Escursionismo, arrampicata, adventure, roba da eroi. Il negozio venne avviato – si va a memoria, non fidatevi troppo – da un capo-scout dalla barba dura, serio, capace con i suoi lupetti, intensamente cattolico. Così che si può dire che via Melo conserva un avamposto di Dio lungo il suo percorso, cioè della natura.