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Brexit, l’onda d’urto colpisce l’export Divella (Confindustria): «Ci sta imponendo grandi sforzi»

 
Rita Schena

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Rita Schena

Brexit, l’onda d’urto colpisce l’export Divella (Confindustria): «Ci sta imponendo grandi sforzi»

Attivato un «help desk» con l’intento di offrire alle aziende il supporto di esperti sugli aspetti doganali del nuovo assetto

Lunedì 01 Marzo 2021, 14:41

BARI - Due mesi duri in cui le nostre aziende hanno dovuto fare i conti con la dura realtà della Brexit e del mercato inglese diventato un mercato estero a tutti gli effetti. Un passaggio non certo indolore con nuove regole doganali e di documentazioni da seguire. Anche per venire incontro con un supporto concreto alle imprese che operano con il Regno Unito, Confindustria ha attivato un «Help desk Brexit» con l’intento di offrire alle aziende associate la possibilità di interrogare una serie di esperti sugli aspetti doganali che il nuovo assetto delle relazioni tra Europa e Regno Unito sta imponendo.
«L'Help desk sta avendo un gran successo – spiega Francesco Divella vicepresidente Confindustria Bari-Bat con delega all’internazionalizzazione -, grazie anche al supporto che ci ha garantito l'Ice e il Ministero. Gli incontri che sono stati organizzati in modalità digitale hanno dimostrato come regnava tra i colleghi una gran confusione che era indispensabile chiarire. Nell'interesse dei nostri imprenditori e soprattutto delle piccole e piccolissime imprese che non hanno le risorse per affrontare da sole certe difficoltà».

Una cosa è certa: gli effetti Brexit si fanno sentire. «L'uscita dell'Inghilterra dall'Europa sta imponendo a tutti grandi sforzi - spiega Divella -. Si fa sentire lo svantaggio competitivo che alcune nostre imprese sono costrette a subire rispetto a concorrenti inglesi e tempi più lunghi alle dogane. Anche se in questi primi mesi abbiamo notato una caratteristica: l'export food deve seguire meno intoppi burocratici rispetto al no food, probabilmente perché il Regno Unito riesce a produrre solo la metà del suo fabbisogno alimentare. Rendendosi conto che ha necessità di riempire gli scaffali, le procedure sono un po' più snelle. Teniamo anche presente che per l'Italia e per la nostra Regione, l'Inghilterra è il quarto mercato per importanza, quindi è evidente che nessuno ha interesse a fermare l'export di prodotti alimentari».
Differente è invece quando si parla di prodotti non alimentari, come racconterà l'azienda De Robertis di Putignano che produce imballaggi.

«Ad ogni modo a tutti è stato immediatamente chiaro che con Brexit dal primo gennaio si sarebbe dovuto far i conti con un aggravio di costi, tempi e lavoro – sottolinea Divella -. Il prodotto finale diventerà più caro per il cittadino inglese, ma anche le nostre aziende hanno dovuto fare investimenti: nella formazione del personale, in nuovi programmi informatici necessari a seguire i documenti e i contratti necessari, si è ridefinita la catena produttiva, c'è necessità di una etichettatura specifica, nuovi certificati fitosanitari... Le grandi imprese magari possono anche sostenere tutto questo, ma le piccole che sono il nostro tessuto economico, no. In tante non avevano previsto nei bilanci di quest'anno il peso di quest’aggravio e se a questo si aggiunge la pandemia, è chiaro che le difficoltà si moltiplicano. Le piccole e micro aziende non hanno la forza per sostenere i costi di un export manager dedicato. Il supporto di Confindustria va proprio nella direzione di sostenere i processi di esportazione, che sono essenziali per la nostra economia locale».

In sintesi il food regge, ma ci sono interi comparti nostrani che stanno soffrendo. «Tutta la produzione legata al turismo e Horeca – tanto per fare un esempio -. La battuta di arresto più rilevante la registriamo per i mobili, l'abbigliamento, il settore chimico farmaceutico, senza dimenticare i nostri vini. Fortunatamente in aiuto ci sono i processi di digitalizzazione che in questi anni hanno coinvolto in maniera massiccia tutte le nostre imprese. Grazie al sistema digitale siamo riusciti a reggere l'ondata d'urto di Brexit e organizzare i processi di export. Senza la Rete e gli sforzi che le imprese hanno fatto per informatizzarsi oggi sarebbe stato impossibile esportare in Inghilterra». 

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