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Bari, la denuncia: «Abbiamo bombole di ossigeno in magazzino ma non possiamo rivenderle»

 
Valentino Sgaramella

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Valentino Sgaramella

Emergenza Covid nel Barese, carenza bombole ossigeno: appello della Protezione civile

L'appello di un imprenditore che opera nel ramo dell’ossigenoterapia per pazienti domiciliari

Lunedì 21 Dicembre 2020, 10:05

BARI - «Abbiamo le bombole di ossigeno ferme nelle nostre aziende senza poterle movimentare per consentire di aiutare le persone affette da Covid che non riescono ad avere le bombole che servirebbero a salvare loro la vita. L’ossigeno scarseggia e il ministro Speranza deve, senza pensarci due volte, eliminare il divieto di riempimento imposto ai non titolari di autorizzazione all’immissione e commercializzazione».

È la denuncia di Fabio Traversa, imprenditore che opera nel ramo dell’ossigenoterapia per pazienti domiciliari. La sua azienda è la «Care Italia», con sede a Bari in zona Santa Caterina.
L’Italia ha fame d’aria, per i tanti positivi che si curano a casa, anche per impedire la saturazione delle terapie intensive, ma l’ossigeno in molti casi è introvabile.

L’azienda di Traversa vende gas di ogni tipo, alimentari, medicinali o industriali. E si è trovata a dover fare i conti con la nuova normativa varata dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Dapprima un avviso risalente al 20 giugno 2017 poi entrato in vigore il 1° febbraio 2018 e mai più rimosso con cui L’Aifa in pratica impone a tutti gli imprenditori del settore non in possesso di specifica autorizzazione per l’immissione e commercializzazione del farmaco lo stop al riempimento delle bombole ad uso privato. Quindi, farmacie, distributori, ospedali, case di cura, ambulanze, studi medici devono utilizzare solo bombole proprie, rilasciate in accordo con le autorizzazioni per la loro immissione in commercio. «Fino al gennaio 2018, avevamo la possibilità di riempire di ossigeno le bombole in uso a privati - spiega Traversa - ora sostengono che vi sarebbe una questione di maggiore responsabilità, ma si tratta di un provvedimento assurdo - tuona - del resto, il riempitore è sempre responsabile, prima di immettere gas nella bombola e commercializzarla. Siamo tenuti a controllare se la bombola ha la stessa scadenza o è scaduta, se il gruppo valvolare sia idoneo, se non ci sono ammaccature, se sia corretto il controllo dei flussi».

A quel punto, il gas viene caricato e la bombola è immessa in commercio. «Siamo adesso costretti a lavorare con confezioni di aziende munite di autorizzazione per l’immissione e commercializzazione del farmaco, con bombole di altre aziende». Il che significa acquistare da altre aziende la bombola per poi rivenderla a farmacie e altri privati. L’azienda ha contemporaneamente una notevole quantità di bombole già pronte che potrebbero essere di aiuto a molti pazienti affetti da Covid che si stanno curando in casa ma non possono essere distribuite, visto il veto di Aifa.

Ovviamente questo significa per l’azienda un enorme aggravio di spesa, tenuto conto che il costo al dettaglio, per il pubblico, resta immutato. «Noi paghiamo il noleggio delle bombole che il farmacista non ci rimborsa. Non possiamo addebitare il costo perché la normativa ce lo vieta». Traversa è chiaro. «Qualcuno si avvantaggia da questa situazione - tuona Traversa - le grandi aziende, che non vogliono dare bombole a tutti e per giunta nemmeno riescono a darne a tutti perché non ne hanno. Un odontoiatra ha la sua bombola di ossigeno perché glielo impone la legge. Sa quante bombole bisognerà immettere in commercio per sostituirle tutte? Questo significa per noi acquistare bombole obbligatoriamente da un’alra azienda».

E l’imprenditore fa una richiesta: «Una deroga, una proroga o l’eliminazione con decorrenza immediata del divieto di riempire a terzi le bombole di ossigeno».

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