BARI - Il presunto falso documento di valutazione dei rischi era un testo «assemblato fatto sotto minaccia di licenziamento da parte di Domenico Colasanto, l’ex direttore generale della Asl di Bari imputato nel processo sulle presunte omissioni degli allora dirigenti Asl che avrebbero contribuito a causare la morte della psichiatra barese Paola Labriola, uccisa da un paziente il 4 settembre 2013 con 70 coltellate nel centro di salute mentale di via Tenente Casale, nel quartiere Libertà di Bari. Lo ha detto in aula il coimputato Alberto Gallo, ex funzionario Asl, accusato di aver predisposto falsi Dvr (Documenti di valutazione dei rischi), difeso dagli avvocati Angelo Loizzi e Francesco Paolo Sisto, l’unico ad essersi sottoposto all’esame e le cui dichiarazioni sono state già cristallizzate in un incidente probatorio. Si tornerà in aula il prossimo 5 novembre per le eventuali spontanee dichiarazioni di altri imputati. La requisitoria è prevista il 7 gennaio, quando interverrà anche la parte civile. Il 21 gennaio parola alle difese e l’11 febbraio 2021 è attesa la sentenza. A Colasanto, Gallo e altri quattro imputati, l’ex segretario dell’allora dg Antonio Ciocia, il dipendente Asl Giorgio Saponaro e i due funzionari, Baldassarre Lucarelli e Pasquale Bianco, il pm Baldo Pisani contesta a vario titolo i reati di morte come conseguenza di altro reato, omissione di atti d’ufficio, falso e induzione indebita a dare o promettere utilità. La famiglia della vittima, assistita dagli avvocati Michele Laforgia e Paola Avitabile (Polis Avvocati), è costituita parte civile come la Asl, che è anche stata citata come responsabile civile, assistita da Beppe Modesti. Per il delitto è già stato condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato il 41enne Vincenzo Poliseno, che sta scontando la pena in carcere.

Gallo interrogato a Bari nel processo sull' omicidio Labriola
Giovedì 08 Ottobre 2020, 19:47