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Bari, Il Covid sta rialzando la testa, maratona di tamponi all'Asl

 
francesca di tommaso

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francesca di tommaso

 come al «drive-in» a Villa d'Agri

Lagravinese: «Le 72 ore devono trascorrere per consentire la corretta rilevazione di una carica virale maggiormente attendibile»

Venerdì 21 Agosto 2020, 16:18

BARI - «Da stamattina alle 8 abbiamo effettuato già 100 tamponi. Ieri pomeriggio eravamo in 4 in turno nella tenda e in un’ora ne abbiamo eseguiti 40: una catena di montaggio, un minuto a persona per la registrazione dei dati e poco più per il tampone naso-faringeo». Così racconta Floriana, infermiera.

Sono le ore 12 di una mattina di agosto di ordinaria follia da Covid. Il sole a picco surriscalda la tenda blu della Protezione Civile montata accanto alla palestra dell’ex Cto: si tratta di una delle 5 postazioni che la Direzione generale e il Dipartimento di prevenzione della Asl hanno allestito per effettuare i tamponi agli arrivi in Puglia o al rientro dalle vacanze. Le altre postazioni, che eseguono i test in sicurezza anche in auto, sono ad Altamura, Giovinazzo, Noicattaro e Alberobello. Il piano per la sicurezza dei cittadini predisposto dalla Asl prevede un’organizzazione capillare dei servizi dedicati alla sorveglianza epidemiologica, per smistare al meglio le richieste di quanti hanno necessità di fare il tampone. Il piano si scontra, però, con una grande confusione tra i «pazienti», per esempio mandati dal porto o dall’aeroporto direttamente all’ ex-Cto. Oppure mal consigliati, in buona fede, dai medici di base. O, ancora, in preda a immotivato panico, pronti ad essere inutilmente rimpallati da un ambulatorio all’altro per effettuare al più presto il tampone, senza attendere le 72 ore, ovvero i tre giorni dall’arrivo in Puglia dai Paesi a rischio, Malta, Grecia, Spagna e Croazia. Le 72 ore devono trascorrere «per consentire - come dichiara Domenico Lagravinese, direttore del Dipartimento di prevenzione - la corretta rilevazione di una carica virale maggiormente attendibile».

Floriana esce dalla tenda blu e si accascia sedendosi sul marciapiede, approfittando della lingua d'ombra offerta da un pino. È infermiera dal 2017, è arrivata al Cto ad aprile, in piena pandemia, con un contratto a tempo determinato in scadenza nel 2021. «Ora hanno indetto un nuovo concorso per infermieri. Peccato che non si è tenuto conto di chi come me non ha tempo per vivere, figuriamoci per studiare». Mentre parla, a poco a poco si libera di visiera, poi mascherina, quindi cuffietta per i capelli. Le rimane addosso tutto il resto dei dispositivi di protezione individuale: la tuta, i copriscarpe, i guanti. «Abbiamo a disposizione una fornitura di Dpi al giorno. Questa è ormai fuori uso». Ha gli occhi gonfi e arrossati, i capelli appiccicati sul collo e la fronte madidi di sudore.

Scuote la testa: «Siamo solo in tre, domani rientra dalle ferie un’altra collega. Lavoriamo tra la tenda e la struttura con la vetrata. Lì ci sono quattro postazioni per i tamponi, nella tenda una sola. Stamattina abbiamo scoperto essere arrivati anche due medici Usca, per supportarci. Lavoriamo anche sabato e domenica, e in questo mese difficile per i tanti rientri ci hanno detto di accogliere, compatibilmente con tempi e priorità, anche i fuori lista, cioè quelle persone che non hanno ricevuto la mail di conferma della prenotazione per effettuare il tampone ma comunque si presentano dopo le 72 ore dal rientro dai Paesi a rischio. Io vengo dal reparto di psichiatria, sono abituata a parlare con le persone, sono lenta, per scelta. La gestione dell’emergenza invece è un delirio. Ce la mettiamo tutta, ma in questa tuta, sotto questa bardatura, mi sento di impazzire, non sono più me stessa». Floriana abbassa la testa e piange tra le parole. Arriva una coppia con un bambino.

A mezzogiorno al personale sanitario è concessa una pausa, si riprende verso le tre, ma loro pretendono il tampone. Per fortuna una infermiera non si è ancora svestita. «Dovremmo affiggere un cartello con l’indicazione della pausa, ci vedono qui e non ammettono ragione, manco fossimo dei robot. Loro, che rientrano dalle ferie. Basterebbe un po’ di rispetto reciproco». Floriana sorride: senza mascherina le viene molto meglio.

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