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Bari, sala Bingo chiusa: lavoratori a spasso

 
Valentino Sgaramella

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Valentino Sgaramella

Bari, sala Bingo chiusa, lavoratori a spasso

Notevoli gli incassi, ora l’azienda è stata dichiarata fallita. Indaga la Guardia di Finanza

Lunedì 22 Giugno 2020, 10:53

«Presidente, le scrivo con gli occhi lucidi dalla rabbia perché oggi, dopo 18 anni di lavoro presso una sala bingo titolare di una concessione dello Stato, molto probabilmente resterò a casa». Questo l’incipit di una lettera che Michele Fioretti, uno dei 102 dipendenti di sale bingo presenti sul territorio, scrive al presidente della Regione per chiedere aiuto. «Adesso mi ritrovo insieme ad altre 101 famiglie di miei colleghi a sperare di proseguire se il giudice della sezione fallimentare del tribunale di Bari lo riterrà opportuno. L’azienda che gestisce la sala in cui ho lavorato per 18 anni, ha gestito 4 strutture simili il cui fatturato annuo è di milioni di euro, ma nonostante questo, oggi siamo in amministrazione giudiziaria in attesa che si svolgano i procedimenti penali».

Il suo lavoro era quello di stare in contatto con i clienti e vendere le cartelle ai tavoli. All’interno ci sono circa 400 posti per i clienti. Si gioca al bingo, la classica tombola, e video lottery. Cosa è accaduto lo spiega lo stesso Fioretti al telefono. Ha 44 anni, due figli e il suo reddito è l’unico a mantenere economicamente la famiglia. Non si dà pace quest’uomo, preoccupato adesso di restare in mezzo a una strada. «Nel corso di 15 anni i titolari hanno cambiato la ragione sociale per tre volte. Non so perché». Si limita a fare, come egli stesso dichiara, congetture, ipotesi, visto che nessuno ha comunicato nulla ai dipendenti. «Ci sono forse mancati versamenti dei contributi previdenziali? Debiti accumulati con l’erario? Con lo Stato o privati? Non so nulla ma vorrei sapere perché parliamo del nostro posto di lavoro». Aggiunge: «Ogni 5 anni si cambia la ragione sociale e chi s’è visto s’è visto». Sta di fatto che la Guardia di Finanza ha compiuto diverse indagini nei mesi scorsi.

I problemi aziendali rischiano di riversarsi sui dipendenti. «Per motivi a noi ignoti, l’azienda sembra sia incappata in problemi di natura giudiziaria. Siamo in amministrazione giudiziaria. Non conosciamo nel dettaglio quali siano le accuse che gli organi inquirenti muovono ai titolari dell’azienda. Sta di fatto che non abbiamo percepito gli stipendi di gennaio e febbraio. Poi c’è stato il lockdown e nel periodo di chiusura nessuno ci ha comunicato alcunché. Nemmeno una lettera ai dipendenti con cui qualcuno esprimeva il proprio dispiacere per quanto accaduto. Ci è stato nascosto tutto».

Insomma, i dipendenti o ex (non si sa come definirli) brancolano nel buio. «Tengo a precisare che non sto chiedendo di salvare il nostro datore di lavoro, soprattutto se emergessero responsabilità penali. Il problema è che noi lavoratori siamo stati lo strumento inconsapevole all’interno di una vicenda più grande di noi».

Le domande sono tante quante le ipotesi. «Non sappiamo ad esempio se vi sia stata evasione fiscale ma sta di fatto che l’azienda aveva un fatturato annuo di 29 milioni di euro, non era lontanamente immaginabile che si potesse creare una voragine di debiti nei confronti dell’erario o chissà chi. Se si scoprirà che qualcuno ha sbagliato nel governo dell’azienda, noi non abbiamo colpe. Chiediamo solo di rientrare a lavorare». Le sale bingo in Italia hanno riaperto i battenti ma loro continuano ad avere i battenti chiusi. Dopo 5 mesi senza stipendio, è giunta finalmente la cassa integrazione di marzo e aprile il 10 giugno. La Procura di Bari ha presentato una istanza di fallimento dell’azienda al termine di complesse indagini della Guardia di Finanza durate alcuni anni. Il 16 giugno il magistrato avrebbe dovuto decidere tra il fallimento o il prosieguo dell’attività. «Per quel che ne sappiamo, l’azienda sarebbe orientata alla procedura del concordato preventivo per consentire di proseguire nell’attività. Tuttavia servono soldi per riaprire ma quei soldi in cassa non c’erano quando è subentrato l’amministratore giudiziario». L’altro giorno i dipendenti hanno organizzato un sit-in dinanzi al Tribunale. Fioretti scrive a Emiliano: «Sento vicine le famiglie dei miei colleghi, capisco cosa provano perché lo sto vivendo sulla mia pelle e non auguro a nessuno di vivere questa incertezza che ti fa tremare l’anima, è un momento storico buio ma noi lavoratori di questa azienda (mal gestita e ringrazio la Guardia di Finanza che ha fatto emergere questa situazione) siamo ancor più penalizzati». La sua rabbia: «Chi ha consentito che si arrivasse a questo punto? Chi avrebbe dovuto vigilare sull’operato di un detentore di una concessione dello Stato?».

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