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Bari, viaggio nella Bosch anti-covid: fra 2mila dipendenti zero contagi

 
Rita Schena

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Rita Schena

stabilimento Bosch di Modugno

Porte aperte, distanze, mascherine: storia di una fabbrica che fa il gioco di squadra

Venerdì 22 Maggio 2020, 11:40

17:36

BARI - Porte aperte in Bosch. Letteralmente. «È una accortezza che abbiamo attivato per evitare di toccare le maniglie e limitare i rischi di contagio – spiega Francesco Basile, responsabile della Comunicazione per lo stabilimento Bosch di Modugno -, e permette anche di far circolare più facilmente l'aria. Elementi minimi di buon senso a costo zero».

La Bosch è la fabbrica più grande nel territorio barese, duemila dipendenti, quando è scoppiata la pandemia ha fatto immediatamente fronte comune tra dirigenza e ricercatori per stendere e applicare regole di sicurezza quasi ferree. Se si fosse acceso un focolaio di contagi sarebbe stato pericolosissimo. Ecco allora porte aperte sin dall'ingresso, percorsi obbligati con frecce e distanziometri per terra, dispenser con gel disinfettante ovunque e soprattutto mascherine indossate. Soluzioni che possono far scuola per l’intero territorio.

IL CAFFÈ? ALL'APERTO - Già all'ingresso viene consegnano un depliant con le linee guida Anticovid-19 e un plasticato con dettagliati tutti i piani di emergenza, poi misurano la temperatura con un termometro scanner. Se si indossa già una mascherina, bene, altrimenti ecco pronta una monouso. Norme semplici che tutti rispettano e senza che questo sembri pesare, il clima tra gli addetti al front office è gioviale, nonostante tutto si svolga attraverso un vetro divisorio. In un angolo fuori al cortile una micia osserva. «È curata da personale dell'azienda – spiega un dipendente in attesa di sbrigare le procedure di ingresso – è stata sterilizzata e vive qui all'interno. Oggi piove e si è riparata sotto la tettoia».

Entrare in Bosch è come accedere ad una cittadella a sè stante rispetto alla zona industriale circostante: grandi aiuole verdi all'esterno, traffico ordinato, spazi immensi. Si deve per forza avere una guida, altrimenti si rischia di perdersi. Ad uno degli ingressi ci sono dei dipendenti attorno ad una macchina del caffè. «Gli angoli relax con le macchinette del caffè interne sono state chiuse – sottolinea Basile mentre fa vedere la struttura – in compenso abbiamo sistemato esternamente gazebo con panche. Oggi fa freddo e si sta più rintanati, ma con il sole è bello prendersi cinque minuti all'aria aperta».

PAROLA D'ORDINE: CONDIVISIONE  - «Abbiamo capito che dovevamo immediatamente attivare protocolli di sicurezza già quando in Italia si sono registrati i primi casi di contagio – spiegano i due amministratori delegati dello stabilimento, Martin Bogen e Fabio Giuliani -. Siamo stati fermi fino al 15 aprile, ne abbiamo approfittato per organizzarci e soprattutto far cultura della sicurezza. Gestiamo 2mila persone, non si può imporre un comportamento, si deve spiegare. C'è da dire che abbiamo a che fare con adulti e non con ragazzini, che certe norme fossero da seguire per il bene personale e comune è stato chiaro a tutti».

«Tutto quanto quello che abbiamo fatto e continuiamo a fare è in condivisione – sottolinea Basile -, è una sorta di parola d'ordine che ci siamo dati. Quando lo stabilimento è stato riattivato sono tornati in fabbrica circa il 10% dei lavoratori, questo ci ha permesso di testare quanto era stato pensato. Decisioni prese collegialmente e in pieno accordo anche con i sindacati. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo è essenziale far fronte comune».

LA FORZA DELLA RETE  - «Il nostro team di crisi è stato attivato sin dal 24 febbraio, in pratica si è riunito tutti i giorni e si buttavano giù piccole idee anche molto legate al buon senso – mettono in evidenza i due amministratori delegati -. Dove è stato possibile distanziare le postazioni di lavoro è stato fatto, oppure si fanno alternare i dipendenti, dove invece è necessaria la copresenza, in particolare per le linee di produzione, abbiamo fatto montare plexiglass divisori. Ovunque è possibile trovare disinfettanti per mani o per superfici, i responsabili di settore hanno mascherine da poter consegnare ai lavoratori se ad esempio si rompe quella in dotazione». Molti dipendenti specie amministrativi lavorano in smart working. «Abbiamo fortemente potenziato la struttura a rete. La tecnologia è stata di gran supporto, se questa epidemia fosse successa vent'anni fa sarebbe stato tutto più difficile».

GUARDAROBA FAI DA TE  - Si continua il giro per lo stabilimento. I percorsi sono indicati, per terra frecce che indicano entrate ed uscite lungo i vari settori. In un corridoio una specie di appendino con tante giacche. «Come prima iniziativa abbiamo chiuso gli spogliatoi – spiega Basile con un sorriso –, ma serviva un posto per appendere giacche e giacconi, così abbiamo montato noi questi appendiabiti». Privilegi di una azienda metalmeccanica dove assi e bulloni non mancano.

UN GIOCO DI SQUADRA  - Nei diversi reparti tutti indossano la mascherina. «Tutti sappiamo che è necessario un gioco di squadra – spiegano alcuni dipendenti -, l'azienda ci ha coinvolti nei processi decisionali e questo ci ha anche gratificati. Non è facile indossare i dispositivi di sicurezza per 8 ore al giorno, ma sappiamo che è indispensabile per la nostra salute».

«Nei momenti di guerra, e questo è come lo fosse, in genere vengono sospesi i processi democratici. Si punta all'uomo forte, al leader che possa risolvere il problema. Noi qui abbiamo fatto l'esatto contrario: abbiamo allargato le maglie decisionali per crescere insieme – Basile misura le parole mentre gli occhi ti fissano sopra la mascherina -. L'azienda ci ha dato strumenti e risposte e stiamo facendo tesoro delle esperienze accumulate. Penso che alla fine di questa emergenza alcune regole resteranno. Si impara anche dalle crisi».

MASCHERINE AUTOPRODOTTE - la lezione Bosch l'ha imparata subito, tanto da autoprodursi le mascherine monouso. «Abbiamo attivato una linea di produzione grazie a macchinari già utilizzati in altri stabilimenti e al supporto tecnico del Politecnico di Bari – mette in evidenza il responsabile della Comunicazione -. Diciotto dipendenti sono stati distaccati in questo apposito settore. Ne produciamo 2500 al giorno, quanto ci serve. Questo significa che non dobbiamo acquistare dall'esterno». 

«Così siamo riusciti a riprendere la produzione, ma è stato triste quando abbiamo dovuto chiudere. Qui si lavora nel rumore e tra gli odori, in quelle settimane c’era solo un assordante silenzio. La fabbrica sembrava un guscio senz’anima».

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