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Banca Popolare di Bari: GdF sequestra beni per 16mln di euro a 3 ex dirigenti

 
Redazione online

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Banca Popolare di Bari: i soci approvano il bilancio

Gianluca Jacobini, Nicola Loperfido e Giuseppe Marella rispondono di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Giovedì 30 Aprile 2020, 09:04

15:42

La Guardia di Finanza ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Bari, nei confronti di tre figure ai vertici della Banca Popolare di Bari, per un valore di oltre 16 milioni di euro (16.001.254,29). Il provvedimento riguarda in particolare Gianluca Jacobini, già Condirettore Generale, Nicola Loperfido, già Responsabile Direzione Business, e Giuseppe Marella, ex Responsabile Internal Auditing, tutti indagati per ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. Gianluca Jacobini è inoltre indagato anche per false comunicazioni sociali. BpB è indagata per la responsabilità amministrativa dell’ente.

Stando alle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dai sostituti Savina Toscani e Federico Perrone Capano, gli indagati avrebbero concesso finanziamenti ad alcuni clienti della banca, prevalentemente grossi gruppi imprenditoriali, «direttamente o indirettamente utilizzati per l’acquisto di azioni proprie, complessivamente incidenti sui fondi propri della banca, in negativo, per 48,9 milioni di euro».

Nel bilancio e nel patrimonio di vigilanza, che garantisce la solidità della banca, non avrebbero però - secondo l’accusa - dovuto inserire il valore di queste azioni perché, semplificando, non si tratta di soldi nuovi ma di fondi della banca stessa. Invece lo avrebbero fatto, nascondendolo a Bankitalia e cioè comunicando, per il quarto trimestre del 2015, un ammontare dei fondi della Popolare di Bari «non corrispondente al vero», «sovrastimato».
Jacobini e Marella sono indagati anche nell’inchiesta per falso in bilancio e falso in prospetto che il 31 gennaio scorso ha portato all’arresto degli ex amministratori della banca, tra i quali Gianluca Jacobini e suo padre Marco, ex presidente, entrambi tuttora agli arresti domiciliari.

LE 'OPERAZIONI BACIATE' NEL MIRINO - Sono le cosiddette «operazioni baciate» il cuore della nuova inchiesta della Procura di Bari sulla Banca popolare di Bari che oggi ha portato al sequestro di 16 milioni di euro. Nel dettaglio sono stati sequestrati circa 5 milioni di euro all’ex codirettore Gianluca Jacobini, altrettanti a Nicola Loperfido e 6 milioni di euro a Giuseppe Marella. «Le operazioni baciate - spiega il gip nel decreto di sequestro - sono finanziamenti, spesso offerti a tassi di interesse più vantaggiosi, erogati da una banca a un cliente a patto che questi acquisti azioni della banca stessa. La concessione di un finanziamento da parte di una banca in correlazione con l’acquisto di sue azioni sovrastimerebbe il capitale, dando ai terzi una visione di solidità che non corrisponde a quella reale». A questi clienti, inoltre, sarebbero stati fatti sottoscrivere mandati irrevocabili a vendere le azioni e i titoli stessi, «quando l’istituto bancario lo avesse ritenuto 'opportuno', così determinando, di fatto, la destinazione delle azioni (e del relativo controvalore) a garanzia del finanziamento concesso».

Il gip ritiene «dimostrato come lo strumento dei mandati irrevocabili a vendere fosse frutto di una deliberata scelta aziendale dei dirigenti qui indagati in qualità di detentori del potere aziendale e che, quindi, l'occultamento dei dati alla Bankitalia, seppur successivo alla decisione aziendale di rafforzare illecitamente il patrimonio aziendale, sia collegato ad essi». Questo, secondo il giudice, lo si può ricavare dalla «rilevanza (per la tipologia dei clienti, tra i più importanti della banca) e il numero dei mandati a vendere (utilizzati per mantenere artatamente intatto il patrimonio sociale), indicativo della non occasionalità della scelta», dall’utilizzo di «contratti identici prestampati, indicativo di una scelta aziendale di rendere uniformi gli strumenti di garanzia», dalla «consapevolezza dell’importanza dei mandati a vendere nell’analisi da parte dell’Internal Audit di BpB, a riprova del fatto che il fenomeno era ben noto ai dirigenti» e dai «riscontri documentali nei quali esplicitamente si fa riferimento della connessione tra la concessione di crediti da parte della banca e del mandato irrevocabile a vendere».

Il gip ritiene «dimostrato come lo strumento dei mandati irrevocabili a vendere fosse frutto di una deliberata scelta aziendale dei dirigenti qui indagati in qualità di detentori del potere aziendale e che, quindi, l'occultamento dei dati alla Bankitalia, seppur successivo alla decisione aziendale di rafforzare illecitamente il patrimonio aziendale, sia collegato ad essi». Questo, secondo il giudice, lo si può ricavare dalla «rilevanza (per la tipologia dei clienti, tra i più importanti della banca) e il numero dei mandati a vendere (utilizzati per mantenere artatamente intatto il patrimonio sociale), indicativo della non occasionalità della scelta», dall’utilizzo di «contratti identici prestampati, indicativo di una scelta aziendale di rendere uniformi gli strumenti di garanzia», dalla «consapevolezza dell’importanza dei mandati a vendere nell’analisi da parte dell’Internal Audit di BpB, a riprova del fatto che il fenomeno era ben noto ai dirigenti» e dai «riscontri documentali nei quali esplicitamente si fa riferimento della connessione tra la concessione di crediti da parte della banca e del mandato irrevocabile a vendere».

Gianluca Jacobini, ex condirettore della Banca popolare di Bari, avrebbe «in concorso con altri soggetti in corso di identificazione» esposto «fatti materiali non rispondenti al vero» sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, «con l’intenzione di ingannare i soci e il pubblico, al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé e per la banca». E’ l’accusa di false comunicazioni sociali contestata dalla Procura a Jacobini, che risponde anche di ostacolo alla vigilanza, destinatario oggi di un sequestro preventivo di beni e attualmente agli arresti domiciliari in un’altra inchiesta sulla gestione dell’istituto di credito barese. Oltre Jacobini, altri due ex dirigenti sono stati destinatari del provvedimento di sequestro per complessivi 16 milioni di euro. Il gip, che aveva rigettato una prima richiesta di sequestro, ha condiviso ora l’ipotesi dalla Procura, evidenziando che «tanto le omissioni informative quanto l'ostacolo alla vigilanza, sempre a beneficio della Banca popolare di Bari, - si legge nel provvedimento, riportando le valutazioni della consulenza tecnica - trovano tutte radice e fondamento in una diffusa e non occasionale attività di cosiddetta 'assistenza finanziaria' illegittima».

I finanziamenti concessi ad alcuni clienti della Banca popolare di Bari in cambio dell’acquisto di azioni, alla base del sequestro da 16 milioni di euro eseguito oggi dalla Guardia di finanza, coinvolgono sette gruppi imprenditoriali, ma le operazioni finanziariamente più consistenti riguardano le società De Bartolomeo Srl e Debar Costruzioni Spa, rispettivamente per 900mila euro e 1,4 milioni di euro, e la Social Media International per 2,7 milioni di euro."Si rammenta l’intento reale sottostante tali opzioni - spiega il gip nel decreto di sequestro - : per il cliente quello di trovare una sorta di via d’uscita dall’investimento azionario, tanto da disinteressarsene e confidando viceversa nella sola liquidità ricevuta a titolo di finanziamento, per la banca quello di conservare apparentemente intatto il patrimonio disponibile»."Si ritiene - aggiunge il giudice - che le somme finanziate attraverso la procedura dei 'mandati irrevocabili a venderè siano legate a condotte 'strumentalì, atte cioè a ad 'incrementarè artatamente il patrimonio disponibile dell’istituto bancario nella piena consapevolezza dell’illiceità di tale agire e della sostanziale irrecuperabilità di dette somme» e, infatti, «all’atto del rilascio del prestito, in combinazione con la stipula del mandato, si assiste, di fatto, ad una completa traslazione del rischio in capo a BpB»

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