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Partipilo l’alpinista barese salito in vetta al Pik Lenin: oltre 7mila metri

 
Carlo Stragapede

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Carlo Stragapede

Partipilo l’alpinista barese salito in vetta al Pik Lenin: oltre 7mila metri

Venerdì a Gioia del Colle racconterà la scalata del Pik Lenin, in Kirghizistan

Martedì 26 Novembre 2019, 13:48

BARI - Un alpinista barese in vetta al Pik Lenin, la montagna asiatica che sorge nella zona del Pamir, nel territorio del Kirghizistan, ai confini con il Tagikistan. Parliamo di Vito Partipilo, 53 anni, funzionario della Ferrotramviaria, tanta passione per la natura e per la forma fisica e soprattutto una voglia inesauribile di esplorare la natura e i luoghi estremi, sulla base di un allenamento attento e di un’alimentazione corretta ed equilibrata.
Partipilo è giunto in cima, a 7.134 metri, il 30 luglio scorso. Inanella questo successo a tante altre avventure in quota, ultima in ordine di tempo la scalata, con la tecnica dello scialpinismo, del Muztag Ata (7.546 sul livello del mare), nel Pamir cinese, il 18 luglio 2016.

Il «Messner pugliese» racconterà la sua ultima fatica venerdì prossimo, 29 novembre, nel palazzo comunale di Gioia del Colle, nella sala De Deo, con inizio alle 19,30. Con il supporto delle fotografie e dei filmati, condividerà con il pubblico le emozioni vissute e gli sforzi compiuti in quella inospitale e affascinante zona dell’Asia centrale. Titolo dell’incontro: «Pik Lenin 7.134 metri - L’idea possibile». La spedizione e la proiezione sono state patrocinate dalla sezione del Club alpino italiano (Cai) «Donato Boscia» di Gioia, grazie alla collaborazione del presidente Agostino Iacobellis.
Come fa un barese, un uomo geograficamente di mare, a diventare uno scalatore? «Tutto è cominciato quasi per caso - racconta Partipilo -, dopo l’incontro con un amico romano a Bari per lavoro, che mi ha aperto una finestra su un mondo fino allora per me sconosciuto, che mi è apparso subito fantastico, considerato che parliamo del 1990 e internet non c’era. Quindi ho cominciato a viaggiare per l’Italia dedicando tempo, energie e finanze, seguendo corsi e scalando ciò che ritenevo possibile. Così roccia, sci, alpinismo e alta quota divennero sempre più presenti nella mia vita, riuscendo in circa un decennio ad acquisirne le basi, e soprattutto fare tesoro di salite riuscite e fallimenti».
Dopo il rientro dal Muztag Ata, nel 2016, ciò che Vito desiderava maggiormente era «stare un po’ tranquillo», confessa oggi, a parte gli allenamenti, corsa o bici, che non mancano mai nella sua quotidianità. «Sono passati, così, più di due anni quando, casualmente, sfogliando una delle riviste ventennali che possiedo, trovo un articolo dedicato ai Settemila, con foto e didascalie che riaccendono in me la voglia di riprovarci».

Tramite Giuseppe, un amico di Bologna, Vito conosce Franco, un alpinista di Modena, che gli propone il Pik Lenin. Il barese accetta e nell’iniziativa coinvolge Giovanni, compagno dell’ultima spedizione.
«Il 14 luglio ci si ritrova tutti a Mosca in aeroporto, da qui insieme in volo per Osh, città kirghisa. Partenza in pullmino per il campo base a 3.600 metri di quota».
La spedizione va avanti tra dolori addominali legati all’impatto con il cibo locale, i fortissimi sbalzi di temperatura, le bufere e l’affaticamento dovuto alla quota. Fino al raggiungimento della vetta, a 7.134 metri. «Avevo portato con me una icona della Sacra Famiglia - rivela Partipilo -. Tra fatica, gioia e incredulità, il primo pensiero è stato disporre tra le rocce quella immagine cristiana».

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