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Bari, processo escort: ex maggiordomo Berlusconi sarà il primo testimone

 
Redazione online

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EX PREMIER - Silvio Berlusconi

L'udienza il 23 dicembre: l'ex premier è imputato per induzione a mentire, per aver pagato le bugie dette da Gianpaolo Tarantini nelle indagini sulle escort.

Venerdì 08 Novembre 2019, 11:41

14:23

Sarà Alfredo Pezzotti, l’ex maggiordomo di Silvio Berlusconi, il primo testimone del processo in corso a Bari nel quale l’europarlamentare di Forza Italia, ex premier, è imputato per induzione a mentire, per aver pagato le bugie dette da Gianpaolo Tarantini nelle indagini sulle escort. Pezzotti sarà citato dall’accusa per l’udienza del 23 dicembre, quando inizierà formalmente il dibattimento. Oggi in aula, dinanzi alla giudice del Tribunale di Bari Flora Cistulli, sono stati ammessi i mezzi di prova e le liste testi.

Sono stati acquisiti, su accordo delle parti, i verbali di molte delle donne sentite nel processo escort, alcune delle quali poi sono state indagate per falsa testimonianza, e il verbale di interrogatorio di Berlusconi. Dovranno invece venire a testimoniare l’ex presidente di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, l’ex capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso, il fratello dell’ex premier, Paolo Berlusconi, Gianpaolo Tarantini e l’allora segretaria dell’ex Cavaliere, Marinella Brambilla.

Sono state inoltre ammesse le intercettazioni telefoniche già autorizzate dalla Camera durante l'udienza preliminare, sulle quali sarà fatta una perizia trascrittiva. La giudice si è invece riservata di decidere sull'invio alla Camera, su sollecitazione della difesa di Berlusconi, di una nuova richiesta di autorizzazione all’uso di intercettazioni mai trascritte.

Nel processo è costituita parte civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha rilevato il danno d’immagine al Governo italiano causato dalle condotte dell’allora premier. L'accusa è rappresentata dal pm Eugenia Pontassuglia, attualmente alla Dna, che coordinò anche le indagini sulle escort. La difesa di Berlusconi, gli avvocati Francesco Paolo Sisto e Niccolò Ghedini, ha sempre sostenuto che l’ex presidente del Consiglio aiutò l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini in un momento di difficoltà ma mai lo pagò perché mentisse ai magistrati. Secondo l’accusa, invece, Berlusconi avrebbe fornito a Tarantini, per il tramite dell’ex direttore de L’Avanti, Valter Lavitola (la cui posizione in questo procedimento è stata stralciata e trasmessa per competenza a Napoli), avvocati, un lavoro e centinaia di migliaia di euro in denaro, proprio perché mentisse ai pm baresi che indagavano sulle escort portate nelle residenze estive dell’ex premier fra il 2008 e il 2009 e sui suoi interessi in Finmeccanica.

La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per falsa testimonianza di quattro donne e dell’ex autista di Gianpaolo Tarantini, durante il processo sulle escort portate fra il 2008 e il 2009 dall’imprenditore barese nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il pm Marco D’Agostino ipotizza il reato di falsa testimonianza nei confronti di Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone, Roberta Nigro, Barbara Montereale e per Dino Mastromarco.
Le donne, ritiene la Procura, avrebbero mentito negando di essersi prostituite con Berlusconi. L’udienza preliminare sarà fissata nei prossimi mesi, mentre proprio oggi si è tenuta un’altra udienza del processo nel quale Berlusconi è imputato per aver pagato Tarantini affinché mentisse ai pm che indagano sulle escort.

Il procedimento per falsa testimonianza ha origine con la sentenza escort del 13 novembre 2015 (attualmente pendente in appello) che portò alla condanna di quattro imputati per reclutamento di prostitute, tra i quali Tarantini (condannato a 7 anni e 10 mesi di reclusione). Nella sentenza i giudici avevano disposto la trasmissione degli atti alla Procura per procedere nei confronti delle ragazze, per falsa testimonianza. I successivi accertamenti della magistratura barese - svolti incrociando le dichiarazioni al processo tra ottobre 2014 e maggio 2015 con quelle rese agli inquirenti dalle stesse donne nella fase delle indagini, e con il contenuto delle intercettazioni telefoniche, in particolare le conversazioni con Gianpaolo Tarantini - avrebbero confermato le presunte menzogne per le quali ora i cinque indagati rischiano un processo.

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