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Da Cassano Murge a Santiago de Compostela: sei mesi di cammino per un cardiopatico

 
Carlo Stragapede

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Carlo Stragapede

Da Cassano Murge a Santiago de Compostela: sei mesi di cammino per un cardiopatico

L'uomo, 55 anni, è stato sconvolto da un grave lutto e dalla malattia, ma non si è arreso e ha portato a termine l'avventura

Giovedì 31 Ottobre 2019, 12:55

È quando la vita sembra sfuggire dispettosamente come una saponetta impazzita che riscopriamo le cose importanti. In quel momento, di colpo, i fronzoli si volatilizzano e i punti fermi nella nostra mente diventano meno delle dita di una mano. È quando il cuore impazzisce che capiamo che cosa ci sta a davvero a cuore.

È solo in apparenza un gioco di parole. Così è stato per tanti di noi, e anche per Vito, artigiano edile 55enne di Cassano Murge. Due eventi drammatici hanno scosso la sua esistenza: prima la perdita di un figlio di 30 anni, poi, l’anno scorso, l’infarto cui è seguito l’impianto di due bypass coronarici. Due terremoti che invece di schiantarlo gli hanno dato la forza di giocare una scommessa sulle sue capacità fisiche ma anche sulla forza di volontà, sulla capacità di concentrazione e di determinazione.
Il 2 maggio scorso, Vito, zaino in spalla e un bel pizzico di sana incoscienza, si è messo in cammino dalla sua Cassano, direzione Nord-Ovest. Ieri mattina, alle 4,30, dopo circa tremila chilometri e sei mesi, è arrivato a Santiago de Compostela, in Spagna, al celebre santuario, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo.

Di solito i partecipanti al più celebre «Cammino» del pianeta si muovono dai Pirenei e compiono al massimo il tragitto classico di 800 chilometri. Molti coprono meno strada, si limitano anche alle ultime quattro o cinque tappe. E del resto il senso dell’atto di fede che rappresenta il pellegrinaggio prescinde dalla percorrenza chilometrica.
Lui, Vito, no. Ha deciso di partire addirittura da casa, dall’Italia meridionale, vincendo il comprensibile scetticismo dei familiari, preoccupati per la sua salute. Con sé, in spalla, ha portato uno zaino di 30 chili. Dentro c’erano una tenda da campeggio, prodotti per l’igiene e generi alimentari essenziali. Attraversando le Murge prima, l’Appennino e la dorsale tirrenica poi, ha incontrato molti compagni di viaggio e anche tanta ospitalità. Numerose le persone che gli hanno offerto un piatto di pastasciutta o un panino imbottito lungo «la via del raggio», come egli l’ha denominata, quasi fosse la ricerca metaforica della luce cristiana che dà senso alla vita terrena. Soprattutto, il voler ritrovare una traccia del figlio scomparso in qualche dettaglio, in un cespuglio, in un’alba, nel suono carezzevole di un ruscello, in un tramonto acceso, nella curva di un tratturo, nel battito d’ali di un passero, nel sorriso meravigliato di un bambino.

I soli contatti tecnologici con la famiglia e gli amici erano garantiti dal computer portatile, che però è andato in tilt a Orbetello, in Toscana, e dal telefonino cellulare. Indispensabile, infatti, per non smarrire la strada, la consultazione costante delle mappe. Così, alla media di trenta chilometri al giorno, seguendo grosso modo l’asse della Via Francigena, il pellegrino pugliese è arrivato al santuario galiziano, a una manciata di chilometri dall’oceano Atlantico.
La facciata della grande chiesa è apparsa ai suoi occhi alle 4,30 di ieri, molto prima del sorgere del sole. Vito, in preda a un’emozione immensa, si è inginocchiato e si è fatto il segno della croce. Il suo viaggio era compiuto, o chissà, forse era appena cominciato.

LA CAMMINATA DI VITO (di Diego Marzulli) - Santiago de Compostela, Spagna, ore 4,30 del 30 ottobre, arrivo del «Camino» ovvero il cammino per la pace nel mondo per eccellenza, seguendo la via del raggio.
Tutto inizia il 2 maggio scorso quando Vito, artigiano edile 55enne, un infarto e due bypass l’anno scorso, decide di partire da Cassano delle Murge per divulgare un chiaro messaggio di pace e amore tra la gente.
Basta con il potere, pensa Vito, basta con le guerre, la cattiveria e la malvagità: oggi più che mai bisogna amarsi per costruire un mondo migliore. L’oppressione e la repressione non devono essere esercitate perché l’uomo può modificare il suo comportamento basandosi non più sul potere economico ma esclusivamente su quello spirituale. Per essere chiari, non c’entrano le religioni e non ci sono sette. «Solo amore e fraternità - è il mantra di Vito - perché attraverso ciò tutto è possibile, aiutandosi l’uno con l’altro senza chiedere e senza pretendere perché tutto è naturale».

Insomma un dare e avere senza numeri che devono quadrare ma con tanto animo che si eleva solo con i buoni pensieri e le belle azioni.
In sintesi, questo è il pensiero di Vito, sparso passo dopo passo, come un Pollicino silenzioso e laborioso, nei circa tremila chilometri percorsi a piedi e con oltre trenta chilogrammi di sovraccarico dati dallo zaino.
Sulle spalle il camminatore cassanese portava tenda da campeggio, prodotti per l’igiene e per l’alimentazione. Un viaggio ricco di contenuti morali ma molto umile e povero. Un cammino costellato da dolori e acciacchi muscolari. Piccole soste e notti in tenda in compagnia di cani randagi, cinghiali, serpenti e altre creature della natura che spesso «bussavano» sul tessuto di quella morbida casa piantata nel terreno.

Il contatto con parenti e amici è stato garantito dalla Rete. Una chat sempre più folta, creata inizialmente per tranquillizzare i familiari, ha scandito le tappe del percorso e nello stesso tempo decantato le gesta del «comunicatore-camminatore» quasi minuto per minuto.
Vito negli anni passati ha perso uno dei tre figli e ne ha altre due che lo amano. Non cerca gloria, non cerca pietà, vuole la pace nel mondo attraverso un cambiamento che «noi tutti - afferma - dobbiamo pretendere». Un difficile e lungo percorso per un semplice messaggio di meditazione.

Lungo il cammino ha incontrato molti compagni di viaggio, gente semplice come lui, accomunata dal desiderio di recuperare il senso delle piccole cose e delle relazioni umane elementari, senza infingimenti né sovrastrutture. Pochi i selfie e tante parole condivise, nel rispetto reciproco. Qualcuno, lungo il tragitto, lo ha ospitato a pranzo o a cena. Vito era uno che si notava, e del resto la sua aria amichevole e inoffensiva ha conquistato nuovi amici. Sempre sotto il segno della pace.

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