BARI - Lo stabilimento Saicaf di Bari cesserà a settembre la produzione e per i 40 lavoratori attualmente occupati nel reparto produzione non c'è nessuna certezza lavorativa: per questo i sindacati Flai e Uila hanno indetto lo sciopero ad oltranza dal 12 settembre. La notizia ha fatto il giro della città suscitando le reazioni dei lavoratori che hanno preso le distanze dalle organizzazioni di rappresentanza dichiarando di non aderire ad alcuno scipero e della stessa azienda che ha replicato parlando "solo" di un trasferimento di sede nonchè di una riorganizzazione dell'attività che prevede inevitabilmente anche un intervento sugli organici.
LA DICHIARAZIONE DEI SINDACATI - «Si sciopererà - dicono i sindacati - fino a quando dall’azienda non giungeranno gli opportuni chiarimenti e non si darà garanzia sul futuro dei lavoratori attualmente occupati». Della chiusura dello stabilimento e della cessione del terreno si era parlato il 6 agosto scorso durante un incontro tra le rappresentanze sindacali e la direzione aziendale. La storica torrefazione, fondata nel 1932, ad oggi ha in organico più di 40 unità. Tutti gli addetti alla produzione sono, quindi, interessati dalla cessazione delle attività nello stabilimento barese. Dal mese di agosto, invece, sono stati trasferiti gli uffici e gli impiegati in una sede nel centro di Bari.
«Alla luce di tutto ciò le organizzazioni sindacali - scrivono Anna Lepore e Pietro Buongiorno, segretari generali di Flai e Uila - hanno inoltrato richiesta di incontro urgente alla direzione aziendale Saicaf, nella quale si specificava la necessità di essere ricevuti entro il giorno 6 settembre al fine di ricevere comunicazioni relative agli intendimenti aziendali in merito alla tutela e alla salvaguardia dei posti di lavoro messi in discussione. A tale richiesta l’azienda ha risposto il 4 settembre convocando un incontro per il 30 settembre».
LA NOTA DEL SEGRETARIO UILA - «Non abbiamo avuto la possibilità di visionare e valutare alcun piano industriale né siamo stati messi a conoscenza delle intenzioni della proprietà. Siamo preoccupati perché, ad oggi, l’azienda non ha chiarito da quale società verrà acquisita la produzione e, quindi, quale sarà il futuro lavorativo degli operai occupati nel reparto». Lo denuncia il segretario generale Uila Puglia, Pietro Buongiorno, commentando la volontà della proprietà di chiudere lo storico stabilimento Saicaf di Bari e di cedere i terreni, trasferendo altrove gli uffici.
«Voci di corridoio che si inseguivano da tempo - dice Buongiorno - parlavano di una trattativa avanzata per la cessione del terreno su cui insiste lo stabilimento produttivo. La notizia è stata poi comunicata soltanto nel mese di agosto in cui venivamo a conoscenza del fatto che la data ultima per lo sgombero era stata fissata per il mese di ottobre». «Per questo - rileva - abbiamo chiesto un incontro urgente con la proprietà, al fine di pianificare tutte le azioni atte a tutelare i diritti dei lavoratori, ma ad oggi, evidentemente, tale appello non risulta accolto. Dopo aver indetto lo stato di agitazione sindacale ci vediamo costretti ad indire uno sciopero ad oltranza, oltre ad aver interessato la task force regionale per l'occupazione, al fine di venire a capo di una vicenda complessa, ma drammatica nei suoi risvolti».
LA REPLICA DELL'AZIENDA: UN TRASFERIMENTO DI SEDE - «L'attività aziendale è in piena continuità ed il percorso organizzativo interesserà pochissime unità per le quali l’azienda» ha avviato con i sindacati un percorso «per attenuare le conseguenze sul piano sociale». Così il presidente del Cda di Saicaf, Antonio Lorusso, replica ai sindacati che hanno proclamato lo sciopero contro la chiusura dello storico stabilimento di Bari e la cessione del terreno.
Saicaf, spiega Lorusso, ha avviato una riorganizzazione per «potenziare la propria presenza sul territorio nazionale ed estero»: sta trasferendo la propria sede «in via Oberdan, e contemporaneamente riorganizzando l’attività produttiva avendo individuato dei siti produttivi di primaria importanza. In questa ottica, l’azienda ha colto una opportunità, dismettendo lo storico stabilimento produttivo di via Amendola, portando a termine una importante operazione immobiliare». Per questo, «spiace constatare l’iniziativa presa dalle stesse organizzazioni sindacali di diffondere notizie non vere e non rispettose degli sforzi fin qui da tutti profusi».