Gentile signor sindaco Antonio Decaro, vorrei ringraziarla per le iniziative organizzate nella memoria del drammatico sbarco di migliaia di albanesi nel porto di Bari 18 anni fa. E vorrei ringraziare Bari e Puglia per la straordinaria accoglienza, per l‘aiuto e la fratellanza di quell’agosto 1991 ad oggi non è mai venuta meno. Due popoli separati ma uniti dal mare Adriatico: questo siamo noi albanesi e voi italiani.
Grazie anche per questa iniziativa, una mostra che racconta l’esodo, l’arte che racconta il dolore e la speranza anche attraverso le storiche fotografie di Luca Turi, testimone di quei giorni e nostro cittadino onorario di Durazzo.Un appuntamento, quello di oggi, che si arricchisce della trasmissione in alfabeto morse di una frase dedicata ai profughi di tutto il mondo, un argomento che per noi albanesi non ha mai smesso di suscitare grande emozione.
Con queste parole, caro sindaco, le rinnovo l’invito a visitare Durazzo e tramite lei estendo questo invito a tutti i baresi e ai pugliesi, a venire nella mia citta per continuare ad abbracciarci e a conoscerci, a scambiarci i buoni sentimenti dei popoli del Mediterraneo.
L'ARTE RICORDA LA VLORA (di Pietro Marino) - Stasera, 8 agosto alle 19, Antonio Decaro sindaco di Bari trasmetterà nel mondo un radiomessaggio in alfabeto Morse da una postazione allestita nell’ex teatro Margherita: «Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza». Ma il Comandante Salvini non deve agitarsi: non c’è alcun barcone di migranti in arrivo a Bari. De Caro farà sue le storiche parole pronunciate l’8 agosto del 1991 da Nicola Dalfino, il grande sindaco scomparso, per giustificare la decisione di accogliere i 20 mila albanesi ammassati in porto sulla nave Vlora. E il messaggio di stasera non sarà una commemorazione, ma l’estensione vocale e performativa del monumento visivo eretto dal maggio scorso dall’artista Jasmine Pignatelli su un palazzo popolare al fronte mare di San Girolamo: con le parole «Sono solo persone» tradotte in struttura ritmica di tratti e punti in acciaio inox. Operazione di arte pubblica (segnalai allora) che qui si completa con un apparato installativo curato per Misia da Stefano Straziota e Anna Gambatesa che comprende un video di Francesco Castellani e una fotografia di Stefano De Marco.
È il contributo a più alto tasso di intensità emotiva e «politica» alla rassegna «On Board» allestita nel foyer dell’ex teatro per iniziativa dell’associazione Phest che organizza a Monopoli un affermato festival di «fotografia, arte, musica e contaminazione del Mediterraneo». La quarta edizione si terrà lì fra settembre e novembre; questa mostra appare come contributo anticipato e in trasferta al cartellone della Festa del Mare promossa dalla Regione Puglia e organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese.
Oltre a Jasmine Pignatelli, intervengono altri 3 artisti. il pugliese Dario Agrimi allinea una serie di bacinelle bianche ripiene di olio nero dal quale emergono disperati frammenti anatomici umani. Il dramma dei migranti evocato in versione macabra, quasi la dissezione horror dell’annegato in olio nero che l’artista espose per la prima volta a Polignano nel Museo Pascali. Il centro del foyer è occupato da stampe sospese di immagini di porti del mondo, riprese da Google Earth in perfetta verticalità ortogonale, che ruotano intorno alla veduta circolare del porto di Bari fissata a terra. L’autore, l’argentino Federico Winer reinventa così la fascinazione di molta arte concettuale per le Mappe come paesaggi mentali, icone da land art celeste. Con effetti visionari già predisposti dai nuovi porti degli sceicchi (a forma di palma a Dubai, come drago a Doha). Alle pareti pannelli fantasmatici virati in violetto cianografico dell’americana Noelle Mason denunciano le procedure di rilevazione a raggi x degli interni di camion che tentano di trasportare clandestini dal Messico in Usa. Altro che Festa del Mare. Quel mare che dalla balconata esterna del teatro cinque cannocchiali gialli invitano a scrutare, ma non hanno le lenti. Anche la vista è interdetta nel tempo dei decreti sicurezza.
«On Board» è da visitare sino al 31 agosto. Ingresso libero, ore 10.30- 13 e 16-21.
EMILIANO: SE LA VLORA ARRIVASSE OGGI, 20MILA PERSONE IN MARE - «Se la nave Vlora fosse arrivata oggi, l’8 agosto 2019, invece che nel 1991, a due giorni dall’approvazione del Decreto Sicurezza bis, cosa sarebbe successo? Per motivi di sicurezza nazionale lo Stato italiano avrebbe lasciato 20mila migranti in mare». Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, nel 28simo anniversario dello sbarco a Bari della nave Vlora che aveva a bordo migliaia di cittadini albanesi.
«I baresi - dice Emiliano - non avrebbero potuto alleviare nemmeno con un piccolo gesto la sofferenza di quei bambini, di quelle donne e di quegli uomini assiepati sulla nave. Li avremmo lasciati lì, alla deriva, al loro destino.
Avremmo tolto loro quell'unica speranza nella illusione di tutelare i nostri confini e i nostri interessi, senza sapere che così facendo avremmo tolto a noi stessi un’occasione di crescita». Il governatore pugliese ricorda con «emozione e orgoglio» la "catena di solidarietà messa in moto il giorno dello sbarco» che ha poi «segnato gli avvenimenti successivi: quando abbiamo debellato il mercimonio delle traversate, ripristinato la legalità dei flussi e gli albanesi hanno potuto andare e tornare, qualcuno è rimasto, qualcuno è ripartito. E adesso - sottolinea Emiliano - a Tirana l’economia cresce insieme alla democrazia. E l’Albania è diventato un partner importante per la Puglia, che contribuisce anche alla nostra ricchezza, un partner legato al nostro popolo da fraterna amicizia e riconoscenza. Di cosa potremmo essere fieri, oggi, come italiani, se arrivasse quella nave?».
«Esiste una energia umana straordinaria, che la gente del Sud conosce bene, che spesso risiede nei luoghi del dolore, della rabbia, del disprezzo, e quella è un’energia che può cambiare il mondo. È per questo - conclude il governatore della Puglia - che ci sentiamo così vicini a chi vive situazioni certamente peggiori delle nostre e siamo pronti nonostante tutto, come popolo, ad aprire i nostri porti e le nostre porte oggi come allora. È la Storia che ce lo insegna».