«Ci sono tanti modi per colpire l'informazione, anche promettendo a parole il contrasto al lavoro precario ma poi facendo esattamente il contrario. Perché vorrei segnalare che il ministro Di Maio, il quale negli ultimi giorni si è nascosto dietro la bandiera dei precari, è stato colui che in occasione del cosiddetto decreto Dignità ha bocciato l’emendamento dei parlamentari di minoranza con cui si puntava al superamento della figura del co.co.co, che ad oggi rappresenta la forma più diffusa di sfruttamento del lavoro giornalistico». Lo ha detto il segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), Raffaele Lorusso, parlando con i cronisti oggi a Bari, in occasione di un evento sulla libertà di informazione.
«Di Maio - ha proseguito Lorusso - ha impedito l’approvazione di quell'emendamento anche nei giorni scorsi quando è stato ripresentato alla Camera dagli stessi parlamentari come emendamento alla legge di Stabilità, ed è stato nuovamente bocciato su richiesta del governo».
«In Italia i Cinquestelle non si sono inventati nulla. Questa è una linea di pensiero che sta cercando di affermarsi a livello mondiale. Vediamo quello che combina ogni giorno negli Stati Uniti il presidente Trump. Io credo che Di Maio in Italia, con qualche suo amico del M5s, non faccia altro che scimmiottare Trump». Lo ha detto il segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), Raffaele Lorusso, sottolineando che «se il modello è quello di creare una desertificazione non soltanto sotto il profilo dei sostegni pubblici ma anche sotto il profilo delle eventuali agevolazioni che sul mercato possono trovare coloro che investono nel settore dell’informazione, è chiaro che il modello è quello di togliere di mezzo l’informazione intesa come mediazione tra i fatti che non sono ancora notizia e i cittadini, per consentire al capo di parlare alla folla attraverso il suo balcone mediatico».
Parlando a Bari con i giornalisti a margine di un evento sulla libertà di informazione, Lorusso ha evidenziato che "bisogna tenere conto del fatto che la democrazia si alimenta di buona informazione che possono fare soltanto i giornalisti, quindi coloro che esercitano la professione. A condizione che questa professione venga garantita anche sotto il profilo materiale».
«La grande illusione della 'rete' - per Lorusso - è che sia sufficiente aprire un profilo su un social network piuttosto che un blog per essere giornalisti». «Questo non è vero - ha rilevato - perché quella del giornalista è una professione che risponde a determinate regole». «I giornalisti - ha concluso - hanno doveri a differenza di chi sui social network o sul proprio blog va a sfogare i propri istinti più bassi piuttosto che a insultare qualcuno».