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Ospedali, il giallo visite a pagamento
dei medici: le Asl non forniscono i dati

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

medico, opsedale

Pur essendo obbligata dalla legge, nessuna Asl né Policlinico pugliese fornisce i documenti. Solo la Asl di Foggia mette a disposizione tabelle di confronto tra l’attività a pagamento e quella in regime istituzionale

Venerdì 19 Ottobre 2018, 13:22

BARI - Pur essendo obbligata dalla legge, nessuna Asl né Policlinico pugliese fornisce i documenti relativi ai controlli effettuati sulle visite in intra-moenia dei medici. Solo la Asl di Foggia mette a disposizione tabelle di confronto tra l’attività a pagamento e quella in regime istituzionale. Alcune aziende sanitarie hanno addirittura negato l’accesso al dato numerico delle prestazioni effettuate a pagamento, nonostante il cosiddetto «Foia» (l’accesso civico generalizzato) obblighi la pubblica amministrazione a fornire qualunque dato o documento in proprio possesso.

Quando si va oltre le parole, insomma, nella sanità pugliese la trasparenza si rivela una chimera. La «Gazzetta» a inizio settembre ha presentato via Pec una richiesta di accesso (i dettagli sono nel grafico accanto) per approfondire il tema delle visite intra-moenia. La risposta, legge alla mano, sarebbe dovuta arrivare entro 30 giorni. Nessuna azienda sanitaria tranne Foggia, prima della richiesta della «Gazzetta», aveva nemmeno pubblicato le retribuzioni degli anni 2016 e 2017, come sarebbe un obbligo di legge, facendosi scudo di una «circolare» dell’Anac che riguarda tutt’altro. Solo dopo un parere legale richiesto dal dg della Asl Bari (ma va detto che la Asl Taranto aveva già formulato un quesito all’Anac, che ha confermato l’esistenza dell’obbligo), sono saltate fuori le retribuzioni: la «Gazzetta» ha comunque dovuto ricordare ad alcuni responsabili della trasparenza che la mancata pubblicazione delle retribuzioni in alcuni casi configura danno erariale.

In questo senso, il peggiore in assoluto è il Policlinico di Bari: non solo non ha fornito i dati relativi alle visite effettuate dal singolo medico (dato che evidentemente possiede, visto che è il presupposto per la liquidazione), ma si è limitato a consegnare una tabella con i dati per reparto (inutili se si vuole verificare il rispetto dei limiti di legge). Soprattutto, dall’esame delle tabelle sulle retribuzioni, emerge la mancanza dei medici universitari: il Policlinico li omette, l’Università di Bari pure, per cui la «Gazzetta» ha proceduto a segnalare la circostanza all’Anac e alla Corte dei Conti.

Il tema, comunque, erano i controlli sull’attività libero-professionale intramuraria (l’intra-moenia), che è pienamente legittima a condizione di rispettare i paletti disposti dalla legge (cioè che non vada a discapito dell’attività istituzionale): le prestazioni devono essere effettuate fuori dall’orario di lavoro, le tariffe devono essere in grado di remunerare il personale e coprire tutti i costi aziendali (la Asl, insomma, non ci deve perdere) e il numero di visite effettuate a pagamento non può superare quelle che il medico ha svolto in regime istituzionale. Ecco perché la «Gazzetta» aveva chiesto tutti i dati relativi al numero delle prestazioni, le copie dei mastrini di contabilità (li ha forniti solo l’Asl Bat, gli altri hanno rimandato ad alcuni schemi riassuntivi) e le copie di tutti gli atti relativi ai controlli.

Ma solo la Asl di Foggia, come detto, ha preparato un prospetto che mette a confronto il numero di prestazioni in intra-moenia con quello istituzionale, da cui risulta dimostrato il rispetto del vincolo (ma va detto che in molti casi il dato istituzionale è quello dell’intero reparto).

Cosa succede nelle altre Asl? Avremmo voluto saperlo. I «Riuniti» si limitano a dichiarare che la verifica è effettuata da un apposito comitato, la Asl Taranto dice che vengono effettuati solo controlli «in sede di elaborazione del bilancio», la Asl Brindisi dice che la verifica sui volumi di prestazioni avvene «semestralmente», quella di Bari che sono i singoli ospedali ad effettuare verifiche trimestrali. E il Policlinico di Bari, dove l’Alpi sviluppa cifre stratosferiche? Riconosce che i dati esistono ma non fornisce un solo pezzo di carta, garantendo che i controlli avvengono e mascherandosi dietro il paravento della privacy. Un vero disastro. Sarà l’Anticorruzione, a questo punto, a dover sbrogliare la matassa.

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