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Punta Perotti, una nuova condanna da Strasburgo per i suoli confiscati

 
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abattimento dei palazzi di Punta Perotti

Nella foto, l'abbattimento di Punta Perotti

Per i giudici le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata: niente confisca senza condanna

Giovedì 28 Giugno 2018, 11:43

29 Giugno 2018, 10:01

STRASBURGO - La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con una sentenza non appellabile, ha stabilito che le autorità italiane non avrebbero dovuto procedere con la confisca di numerosi terreni per costruzione abusiva senza una previa condanna dei responsabili: la sentenza riguarda Punta Perotti (Bari), Golfo Aranci (Olbia), Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro (Reggio Calabria). Per i giudici le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata.

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con una sentenza non appellabile, ha stabilito che le autorità italiane non avrebbero dovuto procedere con la confisca di numerosi terreni per costruzione abusiva senza una previa condanna dei responsabili: la sentenza riguarda Punta Perotti (Bari), Golfo Aranci (Olbia), Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro (Reggio Calabria). Per i giudici le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata.

Nella sentenza la Corte di Strasburgo definisce la misura di confisca attuata nei confronti di 4 società (Giem Srl, Hotel Promotion Bureau Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl) e una persona (Filippo Gironda) come «sproporzionata», riservandosi tuttavia di decidere in un secondo momento sull'ammontare del risarcimento, anche per dare tempo - 3 mesi - al governo e ai ricorrenti la possibilità di raggiungere un accordo sulla cifra. La condanna per la violazione del diritto al rispetto della proprietà privata discende direttamente da altre violazioni che, secondo la Corte, le autorità italiane hanno commesso nei confronti dei ricorrenti. In particolare, nei confronti delle quattro società, tutte a responsabilità limitata, i giudici evidenziano che «queste non sono mai state imputate in alcun processo sul reato di abusivismo» in quanto la legge in vigore non lo consentiva in base al principio 'societas delinquere non potest’.

Per quanto riguarda invece Filippo Gironda, la Corte afferma che l’Italia non ha rispettato il suo diritto alla presunzione d’innocenza. L’uomo, scrive la Corte, «è stato dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di Cassazione, nonostante il fatto che i processi per il reato imputatogli fosse finito per prescrizione». In generale la Corte osserva anche che i fatti sembrano contraddire la tesi secondo la quale le confische in questione hanno «effettivamente contribuito alla protezione dell’ambiente», cioè l’obiettivo dichiarato dallo Stato italiano. Infine i togati di Strasburgo osservano che l'applicazione automatica della confisca in caso di abusivismo prevista dalla legge italiana «è chiaramente inadatta dato che non permette ai tribunali di definire quali strumenti sono i più appropriati in relazione alle circostanze specifiche del caso».

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